Post

Visualizzazione dei post da novembre, 2019

Pavoni

Pavoni          Non avevo alcuna confidenza con gli animali, e l’idea che avevo dell’animale pavone era alquanto impropria, basata essenzialmente sulla sua coda. Sapevo che la sua immagine stilizzata ed iconografica adornava i troni degli imperatori persiani, e che qualche bizzarro riccastro dell’antichità adorava le lingue di pavone in salmì, ma ignoravo completamente altri aspetti della sua personalità, quelli per così dire pertinenti alla sua psicologia più profonda. E’ comprensibile, anche se imperdonabile,   che il pavone maschio abbia qualche problema di ordine psicologico:   Lo splendore del suo piumaggio sembrerebbe giustificare l’enfasi esagerata delle sue performaces,   ma è ovvio che sotto sotto in lui è attivo un ego alquanto infiammato. Tuttavia, siccome non è raro che la sua coda sia bersaglio di un’indesiderata ammirazione che spesso   si trasforma nel doloroso strappo delle penne, posso capire come nel tempo l’animale abbia sviluppato un tratto

Le allegre paperette

Le allegre paperette.          Allegre e spensierate le paperette crescono in tutte le direzioni tranne che in altezza, ed anche quella che un giorno di tregenda si è fatta trovare a panza in su, incapace di girarsi e rialzarsi, percorsa avanti ed indietro da tutto il resto della truppa che la usava come morbido zerbino, pure lei è pimpante e gagliarda. Certo, adesso che hanno via libera nel recintone devono competere con i pulcioni che sono più agili e salterelli: però non si rotolano più tanto spesso a valle e si sono aperte dei varchi e sentierini su cui scivolano come fossero in acqua. Già, l’acqua. C’è, oltre alla tramoggia da cui possono bere tutti quando vogliono, una vaschetta la cui acqua viene cambiata spesso (gli animali hanno bisogno di acqua pulita, o si ammalano). Appena sentono il rumore della vaschetta che viene pulita e riempita, eccole arrivare di gran carriera, ciabattando rapide e stringendo le curve per arrivare il prima possibile, quasi p

Amour

Amour.          New entry ed anche fast exit nell’ormai esiguo parco animali della casa: un pescione di nome Amour   -una carpa- ha trovato la strada del nostro laghetto, quello della fonte, e vi alberga con soddisfazione. Almeno lo spero, visto che trascorre la maggior parte del tempo immobile sul fondo, immersa nella flora subacquea che sarebbe suo dovere divorare. Proveniente da uno di quei laghetti per pesca sportiva da cui è stata estratta da un mio amico mediante lenza e canna, poi trasferita in un secchio d’acqua dove doveva stare un po’ piegata perché è piuttosto lunga, la bella Amour (che pare essere il vero nome della varietà) è il decimo pesce che si trova a nuotare nelle perigliose acque della nostra vasca. Il fatto che sia sola soletta testimonia la pericolosità di quel maelstrom toscano: in effetti, i primi pesci rossi importati hanno avuto destini oscuri e fatali che sembravano sconsigliare ulteriori immissioni; ma a pesce donato non si guarda in

L'ultima battaglia.

Un piccolo tributo, scritto qualche tempo fa.... L’ultima battaglia Questa, papà, è la tua ultima battaglia, quella che speri di perdere. Ti vedo mentre cerchi di lasciare questa vita, mentre il tuo Spirito anela la liberazione: e vedo il vecchio corpo di sottile acciaio che resiste, pur sapendo che il momento è vicino. La tua filosofia ha contemplato le morte con saggezza ed equilibrio, eppure quella distanza fra spirito e corpo che la nostra civiltà gelosamente coltiva ti impedisce di spiccare il volo,   per quanto tu lo desideri. Non è la tua paura che ti trattiene: è la nostra.   Bello sarebbe spegnersi come una luminosa fiammata, come un asteroide che da umile sasso in un lampo si trasforma in stella lucente;   ma forse questo destino è riservato agli eroi, agli Achille ed agli Ulisse: forse tu, uomo giusto e cordiale, capo di pace, difensore dello Stato, scrittore di quaranta libri, appartieni ad uno stile che preferisce il sottotono, e che aborre l’enfasi e l’orpello, b

El xe andà avanti

La casa di Trieste è stata venduta, e siccome fu dimora molto amata da tutta la mia famiglia ho pensato di pubblicare una pagina scritta quando il vecchio Manlio, suo ideatore, se n'è andato. El xe andà avanti. Sono ritornato a casa, dove la vigna, la Piccola Grande Quercia, la vite che s’arrampica fino alla finestra del primo piano attendevano notizie sugli ultimi eventi triestini. Ho raccontato loro che il gentiluomo che a suo tempo aiutò a districare il groviglio del rampicante e che, essendo all'epoca l’unico in famiglia a capirci qualcosa, dispensò preziosi consigli su potature, impianti di barbatelle, metodi Casarsa per razionalizzare la vigna nuova e mille altri suggerimenti funzionali al vivere in campagna, ebbene, quel signore che allora aveva l’età che ho io adesso non c’è più, e, come dicevano gli alpini in guerra, “El xe anda’ avanti”. E’ andato avanti. Anche il boschetto di casa, sull’altipiano carsico a Trieste, e la casa stessa sono stati informati: non

Toro Angus

Toro Angus. Nella landa immensa ed ondulata, soffusa di uno stranissimo color rosa antico che per chilometri segue e delinea le dolci curve della brughiera, e che da vicino si scopre essere il colore dell’erica signoreggiante, ecco là in mezzo, statuario e possente, unico ed indifferente al vento che tutto lo spettina, il toro Angus. O. almeno, quello che abbiamo pensato essere il toro Angus, principalmente perché ci è simpatico ed anche perché è buona cosa dare un nome a ciò che ci piace, per rendercelo più vicino, più intimo.   Il toro Angus ha il pelo fulvo e biondo, lungo e svolazzante dappertutto ma in particolar modo sul muso, dove la frangia mulinella e nasconde il suo sguardo –che vorrei poter definire penetrante ed intelligente, ma in realtà piuttosto vacuo ed assente, con appena un accenno di preoccupazione dovuto al peso della responsabilità di perpetuare la razza. Capisco che l’amico deve aver trovato un neutro spazio intellettuale in cui assopirsi

Timberwolf Shaka: Quando si è leggenda 2

Timberwolf Shaka: Quando si è leggenda (2)          Quando si è leggenda ogni gesto compiuto sembra essere degno di nota e di essere tramandato ai posteri. Ecco dunque alcune delle gesta di Lupo dei Boschi Shaka, così come venivano raccontate dai suoi mentori Phil e Grace mentre noi del gruppetto di studiosi della filosofia nativa-americana stavamo ad ascoltare a bocca aperta. Nella nostra scuola gli animali erano, e sono, considerati importanti insegnanti e le loro apparizioni vengono trattate come materia magica, perciò ognuno cercava di assorbire ogni dettaglio delle narrazioni onde trarne ispirazione.          Shaka non abbandonava mai il suo capobranco Phil, nè Grace –che considerava sua sorella- nel caso fossero separati. Il suo attaccamento ai due umani che lo avevano allevato fin da piccolissimo era totale, e di lui si diceva che più di una volta da adolescente, quando ancora la sua forza e determinazione non si erano completamente manifestate, a

Timberwolf Shaka: Quando si è leggenda 1

Timberwolf Shaka: Quando si è leggenda (1) Lupo dei boschi Shaka era un animale leggendario. Prima di incontrarlo, ne avevo sentito parlare in lungo e in largo come di un essere magico e possente, e sembrava che il suo campo energetico lo precedesse nell’invisibile, preparando il terreno prima della sua comparsa. Il fatto di stare sempre con i suoi due comandanti umani, Phil e Grace, in un ranch in Arizona doveva avergli conferito parte di quella autorevolezza che manifestava poi in pieno con la sua presenza. Nel ranch di Phil e Grace c’erano tre o quattro branchi di lupi divisi nei loro vasti recinti, branco separato da branco, ogni branco organizzato come fanno i lupi: capo lupo, o lupa, e via via tutta la gerarchia. Phil era il capo dei capi, oltre che condirettore della fondazione che si occupava del recupero di lupi feriti, ed ogni tanto era suo compito entrare nei recinti, e vedersela con il capobranco locale. Entrava disarmato perché il corpo a co

Spiaggia di Goa

Spiaggia di Goa Sulla spiaggia infinita di Goa si può camminare per sempre, mentre le palme da cocco danzano altissime e leggere e l’oceano accarezza la sabbia dorata, con quelle ultime delicate propaggini di onde che, appena più al largo, spumeggiano allegre. Passeggiando così, senza pensieri e senza meta, capita di osservare che il bagnasciuga, cioè quella fascia di quattro o cinque metri in lieve discesa verso il mare che viene costantemente percorsa dalle ondicelle ogni pochi secondi, è tutt’altro che disabitato ed inerte. Anzi, a ben guardare, proprio il bagnasciuga è teatro di un’attività frenetica che ha come protagonisti dei piccoli granchiolini bianco-perlacei le cui dimensioni, zampe e chele comprese, vanno dai due ai quattro centimetri. Costoro sono impegnati senza sosta ad interagire con i loro simili, a fare all’amore, a contendersi pezzettini di pesce, a litigarsi un conchiglietta, a conversare animatamente, a combattere fino a perdere una gamb