Timberwolf Shaka: Quando si è leggenda 2
Timberwolf Shaka:
Quando si è leggenda
(2)
Quando
si è leggenda ogni gesto compiuto sembra essere degno di nota e di essere
tramandato ai posteri. Ecco dunque alcune delle gesta di Lupo dei Boschi Shaka,
così come venivano raccontate dai suoi mentori Phil e Grace mentre noi del
gruppetto di studiosi della filosofia nativa-americana stavamo ad ascoltare a
bocca aperta. Nella nostra scuola gli animali erano, e sono, considerati
importanti insegnanti e le loro apparizioni vengono trattate come materia magica,
perciò ognuno cercava di assorbire ogni dettaglio delle narrazioni onde trarne
ispirazione.
Shaka
non abbandonava mai il suo capobranco Phil, nè Grace –che considerava sua
sorella- nel caso fossero separati. Il suo attaccamento ai due umani che lo avevano
allevato fin da piccolissimo era totale, e di lui si diceva che più di una
volta da adolescente, quando ancora la sua forza e determinazione non si erano
completamente manifestate, aveva attraversato vetrate sfasciando finestre e
divelto reti metalliche pur di raggiungere i suoi capi. Quando decideva di
avere una missione non c’era modo di fermarlo: settanta chili di muscoli
d’acciaio ad alta velocità sono molto difficili da contenere, e lui sarebbe
morto piuttosto che lasciarsi separare da quello che considerava il suo branco.
Protettivo,
attentissimo ed onnipresente, Shaka rendeva assai sconsigliabile avvicinarsi a
Grace con intenzioni meno che amichevoli, e guai a mostrarsi aggressivi sia
pure per scherzo.
Una
bella mattina di maggio Grace parcheggiò il pick-up fuori da uno di quei centri
commerciali che interrompono la monotonia della autostrade californiane, e
mentre Phil rimaneva seduto a fumare in macchina, Shaka si accomodò per terra,
all’ombra vicino al portello semiaperto, immobile. Quando Grace, che era
piuttosto graziosa, tornò con il carrello della spesa ecco arrivare un altro
pick-up che si parcheggiò lì accanto. Ne scese un grosso cow-boy dotato di
stivali e cappellaccio che fece subito qualche commento sulle dimensioni della
spesa nel carrello e sulla necessità di Grace di essere aiutata. Ma Grace era
veloce e spiritosa nelle risposte, e lo mise subito a posto: cosa che non
piacque al cow-boy. Sul retro del pick-up c’era un cane, un grosso dobermann,
ed il cow-boy forse per dare una dimostrazione di potenza e per incutere un po’
di soggezione in quell’audace fanciulla, lo chiamò con un fischio. Il dobermann
balzò dal pick-up, ma mentre era ancora in volo ecco abbattersi su di lui un
fulmine grigio argento, Shaka, che da terra dove era invisibile era
letteralmente volato oltre il proprio pick-up ed aveva intercettato il
dobermann a mezz’aria, spezzandogli il collo prima che toccasse terra. Il
povero dobermann era probabilmente abituato a farsela da boss con gli altri
cani, ma un lupo è ben diverso da un cane e fu così che la sua carriera ebbe
fine. Come già osservato, la mascella di un timberwolf può spezzare qualsiasi
osso di qualsiasi animale nordamericano, compreso il femore dell’alce che ha un
diametro più grosso del nostro polso: figuriamoci il collo di un dobermann.
Shaka,
compiuto il suo dovere, tornò all’ombra come se la cosa non lo riguardasse più,
e Grace con un cordiale sorriso disse “Sorry!” e visto che il suo protettore
era già saltato sul retro del pick-up ripartì lasciando il cow-boy a grattarsi
la testa nel tentativo di capire cosa fosse successo. Phil, imperturbabile,
spense la sigaretta.
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