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Visualizzazione dei post da ottobre, 2019

La notte dell'orso

La notte dell’orso. California del Nord,   Bell Spring Road, un ranch sperduto fra le alte colline a quattro ore da San Francisco, sulla destra della 101. Nella notte profonda uno sparo improvviso ammutolisce civette e gatti selvatici, echeggia nella valle per disperdersi nella lieve nebbia sospesa fra querce ed abeti. Da parecchi anni Eagle si era trasferita nella sua capanna di legno sotto l’immenso abete Douglas alla curva della pista verso la Delicate Lodge. Per arrivarci si passava davanti al recinto dei lama, dove due femmine pascolavano insieme ad un piccolo di un paio di mesi ed un grande maschio. Varie altre baite erano dislocate in giro per il bosco, tutte a ragionevole distanza dalla casa madre che ospitava gli spazi comuni come la libreria, lo studio di Capo Wolf, varie postazioni individuali dove alcuni di noi tenevano computers ed altri aggeggi, il grande schermo televisivo e, presenza più importante di tutte, la macch

La ghianda

Ghianda La ghianda, se sopravvive, diviene quercia. Se proviene da una roverella, roverella diventa. Se è caduta da una farnia, o da un leccio, o da un cerro immenso, nel suo destino –nell’immagine che permea la sua consapevolezza, che è il suo sogno- diverrà farnia, o leccio, o cerro. Ma quale cerro o rovere, con quali cicatrici e quali memorie, sarà la vita a determinarlo. Non diverrà mai altro, in questa vita. Questa è la sua certezza: ma è la sua sola certezza. Verrà scolpita dalla vita. Il vento farà cantare le sue foglie. Le acque della primavera le accarezzeranno, e col tempo uccelli canterini e civette vi faranno il nido. Le stelle saranno diamanti fra i suoi capelli nella notte serena. Un fulmine potrebbe un giorno segnarne il fianco, e funghi e fiori trovare asilo fra i nodi delle sue radici.   Cinghiali si nutriranno delle sue ghiande, tranne qualcuna che forse sarà dimenticata e riuscirà a crescere: così le nonne gettano la loro cintura   ai piedi

Irene

Irene                   Questa è una storia magica, una di quelle che di tanto in tanto si avverano fra queste colline dove la presenza umana è ridottissima e la natura agisce quasi indisturbata.          Stavo portando l’amico Sergio a visitare Irene, la nuova sala in costruzione destinata ad ospitare i seminari di piccoli gruppi dalle grandi speranze. La stanza, come tutti i cantieri che si rispettino, era ingombra di ogni attrezzo possibile ed immaginabile ed occorreva stare attenti a dove si mettevano i piedi onde non ingamberarsi in qualche cavo steso a terra o qualche asse disordinata. In un angolo c’era un mucchio di involucri di carta e cartone che avevano contenuto dozzine di sacchi di cemento e calce. In mezzo alle carte intravvidi seminascosta una piccola forma, scura e raccolta, sembrava uno straccio ammucchiato, ma era un animale immobile. Sorpresa e un po’ di paura. Guardando meglio ci accorgemmo che era un piccolo di cinghiale e che non dava

Elogio del rospo

Elogio del rospo          Un animalino che mi è sempre stato simpatico è il rospo. Forse non brilla per la sua bellezza e qualcuno potrebbe sostenere che non è molto intelligente: ma quanto a questo, bisognerebbe dare prima una definizione di “intelligenza”. Anche il gatto di Einstein pensava che il suo padrone fosse grullo quando tardava a metter fuori il piatto della pappa. Tutto è relativo, gli diceva il buon Albert.   Il rospo si manifesta con piacere dopo una pioggia, quando la sua notevole panza e la sua groppa lunare non temono insolazioni ed anzi traggono soddisfazione dallo strisciare nell’erbetta fresca che le solletica e le deterge. Avanza lemme e lento esplorando i dintorni con quegli occhi che pochi gli invidiano, e come riesca a mangiarsi zanzare e mosche ed altri velocissimi insetti io non ho mai ben capito. Forse li ipnotizza, forse ha poteri mentali calamitanti. Se deve arrampicarsi su un gradino per andare chissà dove allunga una zampa sten

Crispa

Crispa. Un bel giorno nel corso di una riunione di amici decidemmo che avevamo bisogno di un’asinella. Ancora oggi non capisco bene quale bisogno ne avessimo, ma siccome ero l’unico dei presenti a ricordare precedenti esperienze con animali superflui (ed il lavoro di manutenzione che implicano) e l’entusiasmo era generale mi sembrò meglio appoggiare l’iniziativa piuttosto che contrastarla a colpi di buonsenso: le precedenti esperienze mi avevano insegnato pure che non sempre le argomentazioni sostenute dal buonsenso vengono apprezzate. In fondo mi piaceva l’idea di andar per boschi con la mia asinella, raccogliere legna e farmi aiutare nei faticosi esboscamenti…. Immagine poetica ma che si rivelò oltremodo illusoria, un po’ come quando fui pastore di pecore, e prima di provarci davvero nutrivo l’immagine di un me stesso danzante sui verdi prati con bianche pecorelle pacifiche, a suonare il flauto. Vennero divisi i vari compiti, e dell’acquisto dell’asinell

Caterina

Caterina.                   Era una scimmietta alta una cinquantina di centimetri, una bertuccia di non meglio specificata provenienza. Si sapeva solo che la sua terra d’origine era da qualche parte nel Nord Africa, chissà, Marocco o Tunisia. Non so neanche come fosse arrivata ad esser membro della comune, né lei aveva manifestato alcun entusiasmo all’idea di farne parte. Caterina si appostava in una nicchia sopra l’architrave della porta principale: entrando o uscendo di casa non c’era modo di evitarla, bisognava passarle sotto per forza. Dalla sua postazione teneva sotto controllo il viavai, con quegli occhi giallastri e spiritati, attenti e distratti a brevissimi intervalli: poi all’improvviso, quando uno meno se l’aspettava, gonfiava il pelo della testa raddoppiandone il volume ed arricciava tutta la faccia scoprendo decine di denti aguzzi e cacciando un sibilo forte e minaccioso.   Era un’orrificazione efficacissima,   e se io fossi stato molto più pi

Capitan Solo

Capitan Solo, un eroe.                   Anch’io quand’ero pulcino amavo scorrazzare qua e là per il mezzo metro quadro a disposizione, dotato di tutti i comforts, pronto a schizzare sotto le ali protettrici di mamma chioccia in caso di subitaneo allarme. Ah, che bello avere un solo giorno di vita eppur saltellare, sbecchettare seguendo le istruzioni della saggia, gigantesca e morbida covatrice che con pazienza e dedizione mi ha riscaldato l’uovo fino a convincermi, dopo ventuno giorni, a rompere il guscio ed uscire verso la libertà di un mondo tutto da scoprire. Anche i miei fratellini sono piuttosto pimpanti, tranne l’ultimo uscito, quello col collo spennacchiato, che ancora casca addormentato dopo due o tre passi nell’avventura. Ma posso capirlo, succedeva anche a me quand’ero giovane, qualche ora fa. Da piccoli il sonno arriva improvviso e ci si addormenta così, senza alcuna preparazione: è una fortuna che mamma chioccia abbia piedi enormi ma sensibili,

Blink

Blink. Avevamo sempre pensato che un uccello rapace fosse emblema di aggressiva severità, e che quello sguardo impassibile e corrusco significasse una distanza immensa, un invalicabile ostacolo alla comunicazione fra le nostre stirpi, così diverse fra loro. Blink   ci ha fatto tuttavia cambiare idea. Fu Luna a trovarla a terra, incapace di prendere il volo perché appena caduta dal nido. La raccolse e la portò a casa. Un pochino di carne tritata mescolata con dell’uovo, qualche briciolina di pane… chi sapeva qualcosa della dieta di un falchetto? Del fatto che fosse femmina non eravamo proprio sicuri, ma così fu deciso. Piccola e quasi implume Blink trascorse un po’ di giorni nel contenitore da trasporto dei gatti, da cui allungava la testina per mangiare dalle mani di Puma: la gabbia stava nella stanza della musica, e lì rimase finchè costruimmo una voliera piuttosto grande con stanzina annessa dove la falchetta potesse sentirsi protetta e pian piano sviluppare confid

Bionda, Brunetta e il Diavolo

Bionda, Brunetta e il Diavolo.          Quando avevo le capre, ogni anno si poneva il problema di far loro incontrare un maschio caprone che se ne prendesse cura e me le restituisse incinte. Esiste in natura il famoso legame causale capretto-latte, per cui se vuoi il latte per fare il formaggio devi anche avere il capretto, se no la capra il latte non lo fa. Legavo la Bionda per le corna, la Brunetta avrebbe seguito fedelmente, e mi inerpicavo per un paio d’ore verso un luogo sperduto dove un antico contadino teneva un gregge di capre su per la collina, con tanto di becco (sarebbe il maschio). Salutavo le mie caprette e, dopo le ultime raccomandazioni, me ne andavo. Sarei ritornato dopo un mesetto, per riportarle a casa belle gravide. Un bel giorno seppi che il contadino non c’era più, e che dovevo trovare un altro maschio. Non è una faccenda tanto facile, perché il becco serve solo alla riproduzione e per tutto il resto è inutile. Non solo: puzza che non ve lo potete imm

Belgioiosa della Terriera

Belgioiosa della Terriera.                   Ritorno da Lucca, notte fonda quasi invernale, ed i timori e tremori che sono riuscito a tenere a bada durante i due giorni di assenza da casa per via della fiera antiquaria lucchese –piccola fonte di necessario reddito- ecco che si ripresentano con slancio rinnovato.          Partendo, all’alba del giorno prima, avevo avuto un colloquio con Joy, la mia amata ed incinta femmina Airedale: una faccenda seria in cui le raccomandavo di aspettarmi per il parto e le spiegavo che dovevo andarmene per due giorni ma che sarei tornato in tempo, che le volevo bene e che non doveva preoccuparsi… Joy era l’ultima superstite del mio piccolo allevamento di Airedale Terrier: il suo nome completo era Belgioiosa della Terriera, un animale bellissimo ed elegante, con un pedigree lungo un chilometro ed un carattere delizioso. Adesso, incinta per la prima volta,  poteva scodellare i cuccioli in qualunque momento: sarebbe stata la prima