Crispa
Crispa.
Un bel giorno nel corso di una riunione di amici
decidemmo che avevamo bisogno di un’asinella. Ancora oggi non capisco bene
quale bisogno ne avessimo, ma siccome ero l’unico dei presenti a ricordare
precedenti esperienze con animali superflui (ed il lavoro di manutenzione che
implicano) e l’entusiasmo era generale mi sembrò meglio appoggiare l’iniziativa
piuttosto che contrastarla a colpi di buonsenso: le precedenti esperienze mi
avevano insegnato pure che non sempre le argomentazioni sostenute dal buonsenso
vengono apprezzate. In fondo mi piaceva l’idea di andar per boschi con la mia
asinella, raccogliere legna e farmi aiutare nei faticosi esboscamenti….
Immagine poetica ma che si rivelò oltremodo illusoria, un po’ come quando fui
pastore di pecore, e prima di provarci davvero nutrivo l’immagine di un me
stesso danzante sui verdi prati con bianche pecorelle pacifiche, a suonare il
flauto.
Vennero divisi i vari compiti, e
dell’acquisto dell’asinella furono incaricate due nostre amiche, Bianca e Luna
che però vivevano in Sardegna: ma ci facemmo ingenuamente rassicurare dalla
promessa di un altro dei presenti che garantì di occuparsi del trasporto via
mare (cosa che poi evitò con cura di fare) e la mozione fu approvata, e le due
ricercatrici cominciarono a cercare e dopo qualche mese trovarono e comperarono
la più deliziosa asinella del circondario, Crispa, e se ne innamorarono proprio
come, dicono, succede quasi sempre. In effetti i piccoli asini sono fra i più
graziosi animalini che si possano immaginare, viene spontaneo accarezzarli,
coccolarli, prenderli in collo, insomma, trattarli come gattini. Ma l’asino non è un gattino. E’ un animale di
branco, con regole di comportamento ben inscritte nel suo corredo psico-biologico:
ignorare queste regole va a grave detrimento della sua educazione e di una
comunicazione chiara ed efficiente. Insomma, non ci si capisce. Amata e vezzeggiata Crispa cresceva nell’antico e
magico Olivario di Isili dove fra piante scultoree e querce plurisecolari e
praticelli di allegre erbette e chiazze di fiori abitavano già le pecore di
famiglia. Quanto a disciplina, zero. Non so se l’asinella fosse consapevole
della propria avvenenza, ma certo ne conosceva bene gli effetti seduttivi sulle
nostre amiche. Piano piano quei gesti ancillari, quel portare bocconcini
prelibati commuovendosi quando Crispa arrivava saltellando all’avvicinarsi
della macchina ben presto sviluppò nell’asinella la convinzione che, del
branco, lei era l’elemento dominante, in altre parole, era la capa.
Cresci che ti cresci, Crispa fu pronta ad
attraversare la grande acqua per affrontare il suo nuovo destino sul
continente.
Con spese immense, e svariati certificati
medici d’accompagnamento infine il camioncino che la trasportava arrivò quassù
dove era in attesa il gruppetto di umani, festanti ed ignari. Crispa si
affacciò alla porta posteriore del camion, sorrise conquistandosi l’ammirazione
di tutti gli astanti e graziosamente scese la rampetta fino a posare i numerosi
zoccoli sull’erba primaverile. Si guardò intorno e battendo le lunghe ciglia
sembrò dire: “Ecco il mio nuovo regno. Ecco il mio popolo, che io guiderò verso
un glorioso destino asinesco.”
Avevamo costruito una stalla per Crispa, una casetta
di legno con tetto ventilato, (vuol dire un doppio tetto con una intercapedine
d’aria circolante, per tenerla fresca d’estate) –primo tetto ventilato di tutta
la proprietà- dotata di mangiatoia, riserva di fieno, mancava solo l’abat-jour
vicino al letto. Un amico inglese con cui l’avevamo costruita la battezzò
“Crispa’s Palace”, non dico altro. Nel cemento incidemmo la scritta “Crispa
2000” a futura memoria.
Ora, quello che succede in natura quando un
asinello neonato viene svezzato –tutte cose scoperte in seguito- è che dopo un
po’ di coccole la madre comincia ad ignorarlo, per nulla commossa dalle sue
grazie di cucciolo.
Il codice fra asini è semplice: se ti
comporti bene, ti ignoro. Se ti comporti male, a seconda della gravità e
dell’insistenza, ti toccano spinte, morsetti, morsi e calci. Devo qui ricordare
che Crispa aveva ormai più di un anno, pesava duecento chili ed era dotata di
quattro gambe motrici, di una testa lunga circa sessanta centimetri posta alla
fine di un collo grosso come il mio torace (ma molto più muscoloso). Tutto
questo armamentario era controllato da una mentalità adolescenziale ed
amorevolmente ribelle che la faceva accettare la cavezza –cioè una specie di
redini- ma non l’autorità di chi la teneva in mano. Ecco
qua un’altra caratteristica degli asini: accettano l’autorevolezza, cioè la
superiorità gerarchica, della persona che dà prova di meritarsela, anche se ci
vuole un po’ di tempo; ma ogni singola persona deve dare prova di essere
gerarchicamente superiore. Altri animali, i cavalli per esempio, pur facendo
distinzioni fra le singole persone e quindi trattandole in modo differenziato,
una volta chiarita la questione del ranking, cioè del “grado”, accettano il
triste fatto che gli umani sono tutti superiori (odio questa parola, ma almeno
è chiara). Il cavallo, spinto dal suo
cavaliere a caricare un nemico rabbiosamente cannoneggiante si slancerà
eroicamente fra le fila nemiche fino a farsi uccidere. Un asino non farebbe mai
un’idiozia simile. Giunto in vista del pericolo si bloccherebbe e non ci
sarebbe verso di farlo procedere. L’asino guarderebbe il suo cavaliere e gli
direbbe: “Ascolta, facciamo così: vai avanti tu, che ci tieni tanto. Io ti
aspetto qui e quando torni mi trovi sotto quelle piante vicino al torrente.
Ciao, buona fortuna.” Con l’asino è una questione personale. E’ un essere
intelligente che deve la sua fama di tonto al fatto che non obbedisce
pedissequamente agli ordini umani, ma anzi li sottopone al proprio giudizio, ed
alcuni li snobba senza diplomazia alcuna.
Eravamo incapaci di controllare Crispa: quando
voleva era simpatica e socievole, ma ogni tanto spiccava delle corse pazzesche
a velocità impressionante, e dovevi essere assai svelto a mollare la
cavezza. Puntava a razzo verso di me e
scartava all’ultimo momento, giusto prima di travolgermi, galoppando e saltando…
Allungava il collo e brucava oltre la reticella dell’orto, che è bassa perché
serve solo per i cinghiali, facendo strage di insalate e topinambour. Quando passeggiavamo con lei al seguito era
impossibile impedirle di fermarsi quando voleva, o di indurla a fermarsi quando
pareva a noi. Direte: un animale naturalmente democratico! Ma temevamo per i
bambini in visita, per i fiori, per gli olivi.
Un bel giorno, per fortuna, venne a
trovarci Hawk, dal Canada. Hawk era un allevatore di cavalli nell’immenso ranch
che aveva in Canada, ed era stato un allievo di Monty Roberts, quel signore che
ha sviluppato tecniche estremamente efficaci nella rieducazione di cavalli con
traumi o altre difficoltà di comportamento. E’ quello che ha ispirato il libro
ed il film “L’uomo che sussurrava ai cavalli”.
Hawk ci ha aperto alla comprensione di alcuni fatti essenziali, come la
faccenda del branco e della gerarchia, dei segni con cui l’animale comunica e
molte altre cose che saranno molto utili se mai avremo un altro asino. Ha quasi
domato Crispa, dovevate vedere che scene. Il primo giorno ci avvicinammo piano
al recinto di Crispa, e lei venne veloce fino al cancello. Hawk si fermò una
decina di metri prima, e girò sui tacchi tornando verso casa. “Dobbiamo
prendere una coperta, e una corda” disse. Si fermò e soggiunse “E’ un segno di
mancanza di rispetto, che venga senza essere chiamata. Voi ormai l’avete
abituata così, ma io le sono sconosciuto. Io posso esigere rispetto.” Mi
sembrava tutto molto logico, ed ero felice di assistere alle successive manovre
di Hawk. Con la coperta piegata dietro la schiena si avvicinò tranquillo al
cancello, e Crispa, quando se ne accorse, venne subito verso di lui. Ma appena
fu ad un metro dal cancello Hawk allungò le braccia oltre e spalancò la
coperta, sventolandola ed agitandola in faccia all’asina. Crispa fece un salto
indietro e Hawk ritirò la coperta. “Got it? Got who is chief?” le chese con
tono fermo e forte. “Capito? Hai capito chi comanda?” Dopodichè entrò e si
avvicinò all’asina e le mise la corda sul muso, annodata a cavezza. Tenne la
corda in lieve tensione, finchè Crispa non mosse un primo passo: allora allentò
e si mosse e lei seguì. Quattro passi dopo, un ciuffo di trifoglio e tarassaco
attirò la sua attenzione, e lei vi si diresse tranquilla. Hawk si piazzò,
allungò la mano fino ad averla a contatto del muso, obbligandola a seguirlo
mentre lui gira sul posto. Come ci spiegò in seguito, quel giro stretto ed
obbligato disorienta l’animale e gli fa capire che gli puoi far fare quello che
vuoi. Le fa pure dimenticare il trifoglio. Poi riallunga un po’ la corda e
riprende a camminare, e Crispa a seguire.
Da allora in poi per circa un anno ogni
mattina uno di noi per mezz’ora almeno faceva il training a Crispa, cioè le
metteva la cavezza, la faceva camminare, fermare, girare, camminare…. Un
impegno assai gravoso. Quando ci siamo
accorti che, pur volendole sempre bene, non eravamo in grado di utilizzarla in
alcun modo, abbiamo cercato e cercato ed infine abbiamo scoperto
un’organizzazione, Asinomania, che raccoglie asini di varia provenienza e li
utilizza per gite sui monti in Abruzzo.
Mi fa ancora male rivedere Crispa che sale sul furgone, so che se ne va
per sempre, che non la vedrò mai più.
Per assicurarci che Crispa non finisse a mortadella uno di noi
ha seguito il furgone fino in Abruzzo. Telefonate successive ci hanno informati
che è felice fra gli asini, finalmente nel suo branco di sogno.
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