La ghianda


Ghianda

La ghianda, se sopravvive, diviene quercia. Se proviene da una roverella, roverella diventa. Se è caduta da una farnia, o da un leccio, o da un cerro immenso, nel suo destino –nell’immagine che permea la sua consapevolezza, che è il suo sogno- diverrà farnia, o leccio, o cerro. Ma quale cerro o rovere, con quali cicatrici e quali memorie, sarà la vita a determinarlo. Non diverrà mai altro, in questa vita. Questa è la sua certezza: ma è la sua sola certezza. Verrà scolpita dalla vita. Il vento farà cantare le sue foglie. Le acque della primavera le accarezzeranno, e col tempo uccelli canterini e civette vi faranno il nido. Le stelle saranno diamanti fra i suoi capelli nella notte serena. Un fulmine potrebbe un giorno segnarne il fianco, e funghi e fiori trovare asilo fra i nodi delle sue radici.  Cinghiali si nutriranno delle sue ghiande, tranne qualcuna che forse sarà dimenticata e riuscirà a crescere: così le nonne gettano la loro cintura  ai piedi delle nipoti. La loro ombra protegge il magico mondo del sottobosco, rinfresca persino l’umanità pur dubitando ormai delle sue intenzioni. Anche noi abbiamo un destino, e la vita ci scolpisce. Possano le mie foglie cantare nel vento, e gli zaffiri della rugiada brillare sul mio prato.

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