INDIAN TRAIL 35/a: Addio al paradiso.

 INDIAN TRAIL 35/a: Addio al paradiso.


Come già detto, l'India è dieci volte più grande dell'Italia, tre milioni di chilometri quadrati - l'Italia ne ha circa trecentomila - e quindi ci vuole un po' di tempo per girarla. Quanto a Goa, il territorio ha le dimensioni del Lazio, ma non gli assomiglia per niente pur avendo in comune un tratto interessante: la colonizzazione cristiana è avvenuta quasi contemporaneamente, nel passato remoto dei tempi apostolici. Molto tempo dopo, agli inizi del 1500, vi si insediarono i portoghesi che le diedero il nome e che se ne andarono solo nel 1961, dopo quattrocentocinquant'anni di dominio, a seguito di una burlesca presa di possesso da parte dell'esercito indiano che entrò con una decina di armati in parata e andò a sostituire l'esausto colonizzatore. I portoghesi, abbronzati e rilassati dopo quattro secoli di spiaggia e mare, salparono lasciandosi alle spalle un piccolo paradiso di minuscoli villaggi fra i palmeti e i ficus, e numerose chiesette bianche che, pur non c'entrando per nulla, sono molto graziose nelle loro cornici di liane e bouganville.
L'incongruenza di aspetti e manifestazioni cristiane in un territorio palesemente indù sarebbe stridente se l'India non fosse di per sé un immenso calderone di etnie, lingue, costumi e religioni così complicato da lasciare spazio a qualsiasi espressione umana, e al suo contrario. Non che questo avvenga senza attriti, e quando succede le masse in movimento sono così imponenti da provocare grandi tragedie; ma se si pensa ad alcune delle contraddizioni del paese, ci si meraviglia che un’unità nazionale possa ancora esistere e che gli abitanti non si siano sterminati tutti l'un l'altro e siano invece riusciti a dar vita alla più grande democrazia del mondo.
Infine il gioiello di Goa fu scoperto dai giovani viandanti europei e anglofoni, che vi si insediarono come topi nel formaggio, sia pure solo durante l'inverno perché a febbraio cominciano le piogge monsoniche che a marzo fanno cadere gocce grosse come uova, e le capannucce di frasche e fibra si afflosciano cedendo alle esigenze della natura e inducendo i viaggiatori del Dharma a trasmigrare verso nord, alle pendici dell'Himalaya dove il monsone arriverà a infrangersi dopo un altro paio di mesi.
Quasi fosse Goa l'apice di una parabola, titubo a lasciarla: esito ad abbandonare le spiagge dolci e dorate, le palme e l'arrosto di pesci sconosciuti, consapevole del fatto che il mio primo passo fuori dal paradiso sarà anche il primo di un lungo viaggio di ritorno: un viaggio di ritorno, sì. Ma senza un vero luogo a cui ritornare.
Forse non esiste un luogo a cui si ritorna, o forse esiste solo nella memoria: certo è che la stessa acqua non passerà due volte sotto lo stesso ponte. Quel bisogno del cuore, quella quieta familiarità di cose e persone, abitudini e noia appartiene a un tempo andato. La forza della sorpresa, lo spirito che anima l'avventura sono l'indispensabile nutrimento per il poeta e il cantore: lo sguardo non accarezzerà mai più lo stesso orizzonte e quindi di quell'orizzonte va colto il segno più intimo, la linea, il colore, il suono, il profumo che ne manifestano l'unicità… Tutto diviene più prezioso e misterioso quando ci si accorge che Eraclito non parlava a vanvera e che il tessuto del mondo si dispiega in un'irripetibile eleganza senza fine.
Voglio visitare la spiaggia più a nord, Anjuna, nota per essere un'epitome della grande esperienza psichedelica di quel tempo. Qualche famoso gruppo rock si era lasciato dietro amplificatori e strumentazioni varie, ora usate in modo sconsiderato da ingenui musicisti in erba, e a tratti, quando Eight Fingers Eddie, Eddie Otto Dita, che gestisce i macchinari lo decide, si sentono le note dei Doors aleggiare sul mare calmo illuminato da stelle e riverberi di centinaia di fiammelle di candele, fuocherelli che stanno al centro di innumerevoli piccoli cerchi di persone, ciascuno con le sue storie da raccontare e le sue esperienze da centellinare. Oltre a joint e pillole varie, da gruppo a gruppo passano piatti di frittelle, di macedonia, di dolcetti… Sorrisi e carezze, abiti leggeri e fiori nei capelli, a volte un urlo rompe il brusìo e le canzoni, qualcuno si alza invasato e corre qua e là travolgendo un paio di vicini per poi crollare da qualche parte sulla sabbia notturna…
Qualche giorno più tardi il mio padrone di casa Pedro mi restituisce il passaporto e dollari che gli avevo affidato, gli dispiace che me ne vada. Saluto la portatrice d'acqua e l'arrampicatore di palme e mi inerpico su una corriera policroma e come sempre superaffollata, il fedele sacchetto di carote e un po' di pistacchi per il viaggio.
Sono ormai sette mesi che giro per l'India e mi aspettano almeno altri due mesi di treni e corriere, deserti e villaggi, architetture e sapori che nel loro depositarsi nella coscienza finiranno di cancellare quello che rimane dei miei ricordi europei, restituendomi una verginità di visione e una posizione prospettica da cui prendere nuove decisioni sul mio destino.
Paradiso, per il momento addio: ti ritroverò forse da qualche parte, dopo aver attraversato il Pakistan, l'Afghanistan, la Persia, la Turchia… E se non ti troverò, troverò un luogo dove costruirti.

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