INDIAN TRAIL 22/a: Intoccabili.
INDIAN TRAIL 22/a: Intoccabili.
Il subcontinente indiano è stato un protettorato britannico, cioè a tutti gli effetti una colonia, per un tempo lunghissimo: dal diciassettesimo secolo fino al ventesimo. Dal 1858 è diventato a tutti gli effetti parte dell'impero britannico. Durante i tre secoli di dominazione l'Inghilterra si è enormemente arricchita con le immense fonti di materie prime provenienti dall'India, e con le innumerevoli ricchezze del territorio.
Da intelligenti e avveduti colonialisti, gli Inglesi ben conoscevano l'opportunità di istituire qualche infrastruttura sui luoghi del loro dominio, e ad esempio costruirono, naturalmente con mano d'opera locale, una notevole rete ferroviaria che servì probabilmente più a loro che ai locali, pur avvantaggiandone traffici e commerci. Poter scorrazzare per il subcontinente velocemente, trasportando truppe e masserizie, garantiva un controllo sicuro e rapido del vastissimo territorio. Ricordo che l’India è dieci volte l’Italia, e all’epoca pure il Pakistan e altri territori immensi ne erano satelliti. Tutto Inglese.
La Compagnia delle Indie Orientali controllò direttamente l'economia e l'organizzazione dei territori a lei conferiti dal 1600 a quasi tutto il 1800. Il resto del subcontinente rimase suddiviso in oltre centosettanta principati, tutti soggetti alla supervisione e al governo del vicerè britannico, e oltre cinquecento staterelli, anch'essi soggetti alla direzione della corona inglese, visto che non avevano alcuna rappresentanza significativa a livello internazionale.
Ben sapevano, i colonizzatori, che non avrebbero potuto sostituire e sovrapporre i modi e le abitudini occidental-imperiali a una realtà così vasta e articolata: perciò mantennero e rinforzarono le autorità esistenti da secoli, i maharaja, le maharani, i principi e le classi dominanti. Ebbero buon gioco perché, fra l'altro, la loro spietata arroganza supportata da armi moderne trovò terreno fertile in una società fondamentalmente medioevale e strutturata in caste, cioè obbediente a una regola rigidissima di divisione fra classi sociali.
L'origine del sistema delle caste è molto antica e le sue prime radici affondano nel secondo millennio avanti Cristo, quando le grandi tribù Indoarie, o Ariane, provenienti dalle infinite steppe asiatiche, si introdussero prima della valle dell'Indo (via Afghanistan e Pakistan) e poi nella grande e fertile valle del Gange. Le migrazioni avvennero nel corso di svariati secoli, ma intorno al 1400 a.C. le tribù Ariane conquistatrici si erano stabilite definitivamente nel nord dell'India. Portarono con sé la loro lingua, da cui si sviluppò il sanscrito e poi l’indù e introdussero il sistema, loro favorevole, delle caste. L'appartenenza alle due caste superiori, brahamani e guerrieri, era riservata agli Ariani, conquistatori dalla pelle bianca e dotati di armi di ferro. Alle popolazioni dravidiche esistenti, di colore molto più scuro, che venivano via via sloggiate e cacciate verso sud, erano riservate le caste inferiori, quando gli andava bene.
L'organizzazione in caste della società indiana come si vede ha funzionato per più di tremila anni, e resiste tutt'ora, sia pure attenuata dai tempi e usi moderni, dall'introduzione del sistema democratico e da un'evoluzione economica in rapida trasformazione. Ma secoli di tradizioni non si vaporizzano in tempi brevi, e il processo è e sarà complesso e lungo.
Il sistema delle caste si articola fondamentalmente in quattro classi, che a loro volta si suddividono in centinaia di sottocaste. Le quattro sono: i Brahmani o bramini, che sono la classe più ricca e colta; i Ksatriya, cioè i guerrieri; i Vaisya che sono i mercanti e i Sudra che sono i servi. Questo sistema millenario di stratificazione sociale si fonda sull'impermeabilità fra caste: l'appartenenza a una casta si eredita alla nascita, e non se ne può uscire. La rigida gerarchia del sistema garantisce la continuità del controllo sociale, economico e culturale su tutta la popolazione. Una specie di alibi a questa suddivisione viene fornito dalla convinzione religiosa karmica, per cui chi nasce bramino deve la sua fortuna al buon comportamento tenuto nelle vite precedenti, così come il poveraccio paga in questa vita le scorrettezze fatte nelle precedenti esistenze. Ecco dunque un vero paradiso per i nuovi colonizzatori che si poterono semplicemente limitare a controllare la casta più alta, quella dei bramini, sapendo che in tal modo avrebbero controllato a cascata tutta la società.
A tutt'oggi gran parte degli appartenenti agli strati più alti della società indiana parlano inglese, che è diventata una lingua comune anche nei commerci interni, e si ammanta die manierismi e abitudini mutuati dai vecchi dominatori inglesi, pavoneggiandosi in pedissequi atteggiamenti, come nel nobile gioco del polo e del cricket. Ricordo che siamo in India. Ci manca solo la caccia alla volpe.
È chiaro però che un sistema del genere demanda ai più poveri e meno protetti i lavori più umili, quelli che sono considerati troppo sporchi e indecenti, indegni delle classi superiori. Lo svuotamento dei pozzi neri, lo smaltimento di rifiuti, la macelleria, la concia delle pelli e la cremazione dei cadaveri sono privilegio di quest'infima categoria sociale, che sono i fuoricasta, o Paria, o Intoccabili.
Un intoccabile dunque non appartiene a una vera casta, sembra essere l'ultimo rimasuglio di pulizie etniche che cominciarono migliaia di anni addietro e a tutt'oggi viene relegato in una zona della società che si preferisce ignorare e dimenticare, salvo sfruttarne la mano d'opera quasi gratuita per l'espletamento dei lavori più umili e indegni.
Da noi non è diverso: è solo meno esplicito.
Ci sono alcune regole, alcuni tabù che i paria sono tenuti a osservare senza deroghe.
L'intoccabile è tale perché entrare in contatto con il suo corpo, o persino con il suo sguardo o addirittura con la sua ombra è considerato contaminante: qualora ciò accadesse è indispensabile praticare riti di purificazione. Perciò il senza casta viene tenuto a distanza, non può frequentare luoghi pubblici, riposarsi sulle panchine dei parchi, meno che mai sedersi in qualche ristorante; non può maneggiare il cibo che altri useranno, non può toccare l'acqua che altri potrebbero bere o usare per lavarsi. Impensabile il matrimonio al di fuori della loro casta, cosa che peraltro non avviene nemmeno fra le caste ufficialmente riconosciute perché, come già detto, nel sistema delle caste non è previsto, né consentito, il passaggio da una casta all'altra. Come dire, una volta paria, per sempre paria. Non esiste il concetto di mobilità sociale. La società ha bisogno che le dinastie di miserabili si perpetuino, perché di lavori infami ce ne saranno sempre e serviranno sempre dei poveracci che se ne occupino. Basta che non si facciano vedere. E soprattutto, sentire.
In realtà si vedono perché grazie ai tabù di cui sopra, che impediscono loro l'accesso ai pozzi d'acqua e alle coltivazioni, sono obbligati a vivere di elemosine e rifiuti nelle città. Nelle campagne soccomberebbero.
Li vedo girare in piccoli gruppi di tre, cinque, sei persone, intorno alle stazioni e nei vicoli infami delle periferie, vestiti di stracci, in genere ci sono uno o due bambini, un adulto sciancato, uno cieco, e uno incredibilmente bello, una specie di inaspettato miracolo, un angelo. È la guida del gruppetto, cammina in mezzo ai mucchi di immondizia, con un incedere che lo fa sembrare Krishna che scende danzando dall'Himalaya: gli occhi azzurro cenere, mandorle celesti limpide e splendenti, pelle dorata e lineamenti squisiti… In qualche modo la sua genealogia è riuscita a sopravvivere a secoli di stenti e violenze, ed è come se indossasse con grande dignità il mantello della bellezza delle donne e degli uomini che lo hanno preceduto, quando la sua stirpe viveva ancora al fianco del grande fiume, la Sacra Madre Gunga.
Queste bellezze esistono, ma ce ne sono poche. La maggior parte è cenciosa per decreto, denutrita, malata, cisposa, atona e indifferente, del tutto domata da millenni di intoccabilità.
foto da Archivio fototeca Gilardi.
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