INDIAN TRAIL 18/a. India: Primi passi..
INDIAN TRAIL 18/a. India: Primi passi..
Il tessuto di cui sono composti sogni e prospettive è delicatissimo ed effimero e quando entra in contatto con il reale e tangibile se ne alterano le qualità, e le impalpabili strutture ne vengono influenzate. Tuttavia, appartenendo a una diversa dimensione, alcune parti di memoria sembrano sopravvivere all'impatto con la manifestazione e proteggono il cuore poetico degli eventi, così che resiste un collegamento fra i due mondi, che si arricchiscono e ispirano a vicenda.
La magica storia di Kim di Kipling, quel ragazzino anglo-indiano che inseguendo la profezia di un toro rosso in campo verde si era ritrovato a vivere un'avventura indimenticabile, seguendo il suo Lama verso l'Himalaya, attraversando l'India come giovane spia addestrata in travestimenti e sotterfugi…. Come pure la meravigliosa descrizione del sentiero del Buddha, di Maurice Percheron, e la via della Cessazione del dolore… e i nomi pazientemente ricercati sulle mappe dell’enorme Atlante del Touring, Peshawar, Lahore, Kathmandu, Bangalore… Tutte queste piccole e grandi informazioni avevano intessuto il mio sogno e avevano a mia insaputa preparato il terreno per il mio viaggio.
Così come vi avevano partecipato i racconti che si ascoltavano nelle stanzette fumose dei piccoli alberghi intorno a Campo de’ Fiori a Roma, la Lunetta, il Sole, dove belle ragazze dai lunghi abiti esotici scucivano i sandali e ne estraevano tavolette di hashish, rammentando luoghi e persone incontrati nei loro viaggi, altre stanze, altri profumi.
Ed ecco che sull'ordito delle piccole e grandi esperienze raccolte negli anni si intreccia la trama di miriadi di nuove immagini, notizie, sensazioni, a ricamare una nuova parte del mio arazzo personale.
È un momento magico, sono già in viaggio da quasi un mese e sto entrando nella mitica India: eppure è, allo stesso tempo, solo un altro passo sulla grande strada.
Corpo e mente hanno ormai assorbito quel ritmo che mi permette di vedere e assaporare gli eventi senza rimanerne attaccato, di immergermi nella mutevole realtà sentendomi come un piccolo vascello nelle braccia del grande fiume, che vede le sponde e ogni tanto si sofferma e che incontra altre barche e barchette lungo il percorso. Insomma, una lezione continua sull’impermanenza.
La prima città che incontro è Amritsar, capoluogo del Punjab. A parte il Kashmir che sta ancora più a Nord, il Punjab è lo Stato più a Nord-Ovest dell'India. La religione qui è il Sikhismo, monoteista e basantesi su tre principi fondamentali: Ricordare la Creazione in ogni momento, Guadagnare lavorando onestamente, Condividere il guadagno. I fedeli, come accade in ogni religione o setta, seguono alcune regole di comportamento: per esempio non si tagliano mai i capelli per tutta la vita e li mantengono disciplinati con una reticella che poi viene completamente ricoperta da un turbante che si avvolge con una sofisticata tecnica intorno al capo. Si tratta di una sciarpa di stoffa leggera lunga tre o quattro metri e non è affatto semplice formarne l'assetto.
È loro proibito l'uso e naturalmente la dipendenza da droghe e alcool. Gli uomini portano tutti un'arma, in genere un coltello rituale appeso alla cintura o a tracolla, e uno degli aspetti socialmente e culturalmente più notevoli, essendo in India, è stato ed è tuttora il tentativo di neutralizzare il sistema indù delle caste: tutti gli uomini hanno il cognome Singh, e le donne Khaur, a simboleggiare l'uguaglianza fra i fedeli.
È un popolo di guerrieri, fiero di esserlo: pur essendo una piccola minoranza numerica i Sikh sono presenti in tutte le alte cariche dello stato indiano, dal governo al parlamento all'esercito. È bene ricordare che in India la casta dei guerrieri è la seconda in ordine di nobile importanza, dopo quella dei bramini, e pur non applicando il sistema a casa loro, i Sikh sanno benissimo a che livello sociale appartengono.
Sono piuttosto stanco, devo trovare un posto dove riposare per cui mi dirigo verso una costruzione bassa e ampia dove, su suggerimento datomi da qualche collega viandante, pare che i viaggiatori vengano accolti e nutriti gratuitamente. Mi sembra incredibile, ma è vero: grande atrio ben ventilato, arcate che circondano un vasto cortile interno su cui si affacciano decine di stanze prive di porta abitate da gruppi e gruppetti e famigliole. Ci sono due stanze per i viaggiatori occidentali e io appoggio il mio modesto sacco a terra lungo una parete, allungo il sacco a pelo dopo essermi assicurato per quanto possibile dell'assenza di cimici e pulci, e mi sdraio per un'oretta. Mi sento al sicuro, e tranne i documenti che ho sempre addosso penso di poter lasciare incustodito il mio umile tesoro. Una campanella avverte tutti gli interessati che in cucina stanno servendo una zuppa: lenticchie, verdura e un ottimo chapati, il pane piatto cotto su pietre rovent. Tè ambrato e zuccherato. Una meraviglia. Ci sediamo in una lunga fila, siamo tutti e tutte uguali. È una tradizione secolare, non certo sconosciuta dalle nostre parti in Occidente, dove tuttavia non ho mai avuto occasione di usufruirne: certo è che qui non esiste clero, non si fa distinzione fra fedi e credi e ogni viandante viene accolto in pace. Viva l’India!
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