INDIAN TRAIL 6/a: In viaggio.

 

Indian Trail 6/a

Riprendo dall’ultimo bacio di Londra, dove dopo aver compattato i miei pochi averi e dopo aver salutato la casa e gli amici, sono ormai pronto a spiccare il balzo verso l’India.


I balzi tuttavia non sono sempre sono immediati e subitanei: alcuni sogni non si realizzano in quattro e quattr'otto: questo balzo sarà lungo e lento, perché l'India non è proprio dietro l'angolo e mi ci vorrà un po' di tempo per arrivarci visto che viaggerò per via di terra.

Mi piace l'idea di avvicinarmi piano piano alla meta, di vedere il dipanarsi della strada di paese in paese, di gente in gente, attraverso i sapori, gli odori, le lingue e le architetture che si trasformano e mi modellano. È un processo di adattamento continuo, ha bisogno di tempo e flessibilità: il tempo me lo sono conquistato, e la flessibilità spero non mi abbandoni.

Traghetto fino ad Amsterdam, deliziosa città popolata da un'inesauribile folla di miei simili, capelli scomposti e abiti fluttuanti, gruppetti che soggiornano in ogni anfratto del Vondell Park, senza che nessuno li venga a disturbare e senza disturbare nessuno.

Un paio di giorni e poi eccomi sulla strada verso la Germania, pollice alzato fra decine di pollici alzati che a intervalli lungo il bordo attendono di esser baciati dalla fortuna e di trovare un passaggio verso sud. Qualcuno raccoglie anche me e mi porta giù, attraverso le vaste pianure tedesche, e mi lascia a un incrocio di autostrade nella sera che scende verso la notte estiva. Stendo il sacco a pelo sotto dei cespugli in mezzo a un'aiuola che separa i viadotti, è ormai buio pesto e confido nella protezione dell'oscurità. Possiedo un pezzetto di formaggio olandese e del pane e una bella cipolla. Oggi devo aver percorso tre o quattrocento chilometri. Domani vedremo.

Le luci blu della macchina della polizia lampeggiano senza pietà, e un paio di maglites esplorano il mio sacco a pelo svegliandomi dal sonno del giusto. Mi tiro su a sedere, mi guardo intorno, sono in due in divisa e io provo a dire qualcosa in inglese tipo "Sorry, tired ": si guardano fra loro, ridacchiano un po' e poi uno mi fa "Tomorrow, go ". "Yes! ". Mai mi sarei aspettato un atteggiamento così comprensivo.


Munich > Garmish > Brennero > Trieste

Non mi fermo a Trieste tranne che per affidare la mia preziosa chitarra - è una rara Martin - ad alcuni amici. Preferisco continuare il viaggio senza rallentamenti e preoccupazioni. Scriverò alla famiglia da qualche luogo lontano, quando la polvere d'Europa sarà stata trasmutata da quella d'Oriente, e quando le nuove immagini e sensazioni avranno avuto tempo di nutrire un nuovo capitolo di vita ed esperienze.


Roma > Brindisi > Igoumenitsa

Sono in Grecia, non si scherza più: forse è stato l'attraversamento del mare ma ho l'impressione di aver lasciato andare l'ultimo appiglio che mi teneva agganciato alla mia vecchia vita.

La spiaggia di Igoumenitsa è miserrima, ciottolosa e priva di qualsiasi fascino che il mare le potrebbe conferire: stretta e piena di alghe, popolata da qualche raro umano che sembra si sia arenato lì dopo un naufragio.

C'è un cane, un orrendo esemplare espressione di cromosomi incrociati innumerevoli volte in modo casuale e sconveniente. È marrone, scodinzolante e amichevole. Si chiama Fart, Scorreggia, e appartiene a una coppia di inglesi piuttosto straccioni - non che io sia un figurino - che albergano da qualche tempo sui ciottoli della spiaggia in attesa di qualche evento che li sollevi dal loro destino. Non è luogo dove soffermarsi.

Compero il necessario: un paio di cipolle, un sacchetto di pistacchi, del pane e qualche carota, ovvero il cibo che mi accompagnerà in seguito su treni, corriere e camion di tutti i generi. Cerco di interpretare le insegne dei negozi, riesco a leggere la grafia greca perché in fondo ho fatto il classico e le lettere sono ancora le stesse. Sono ancora in grado di recitare l'alfabeto greco a raffica, anche se di sintassi e grammatica ricordo ben poco: e poi se appena tento di spiccicar parola, quello che esce è una sorta di antica rimembranza che nessuno capisce. Queste persone non formano le frasi come facevano Omero e Senofonte, e se ne fregano del fatto che io sappia a memoria le prime righe dell'Apologia di Socrate: devo sembrare un troglodita nel mondo nuovo.

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