INDIAN TRAIL 71: La Notte dell'Orso.

 INDIAN TRAIL 71: La Notte dell'Orso.

Una delle varie casette sparse nel bosco ospita Aquila di Mare, che vi trascorre le notti e qualche periodo di meditazione. La casetta sta proprio sotto un immenso abete Douglas alla curva della pista che scende verso la Loggia Delicata. È un luogo appartato, abbastanza distante dalla casa madre da offrire la privacy indispensabile, come in occasione di qualche insegnamento personale o di una confrontazione particolarmente energica.
Nessuno dorme nella casa madre, tranne Ross che ne è il guardiano: tutti gli altri membri della piccola tribù sono alloggiati in minuscole casette di fogge varie sparse nelle vicinanze, ciascuna ad almeno un centinaio di metri sul lato ovest rispetto alla casa madre. Lo stesso Capo Wolf possiede una roulotte argentata che con grandi fatiche è stata portata in una valletta intima e nascosta, dove si ritira a fine giornata insieme a Dancer. Aquila di Mare è però la sola ad aver costruito la sua casa sul versante sud della collina, dopo il recinto dei lama e dei tacchini, ed è dunque particolarmente isolata.
I fruscìi notturni, il canto della brezza fra le foglie delle querce secolari, le ombre degli alberi altissimi accarezzano la capannina dove Aquila di Mare riposa nel suo nido. Nella parete in capo al letto c’è una vetrata dal pavimento al tetto che permette la vista del sentiero illuminato dalle stelle e da uno spicchio di luna, e se lei non fosse immersa nel sonno che precede l’alba potrebbe notare che il lama maschio, quello che sputa in faccia a Sequoia ogni volta che lo vede, sta pattugliando nervosamente il recinto percorrendolo su e giù e soffermandosi ogni tanto con orecchie tese e froge aperte e frementi ad annusare l’aria.
Improvvisamente uno schianto irrompe nel silenzio, Aquila di Mare si sveglia di soprassalto e vede che la maniglia della porta si muove violentemente, scossa e manovrata dall’esterno da qualcuno che cerca di entrare. Si rizza a sedere sul letto, allunga la mano e prende la pistola che sta sempre pronta e carica in una scatola accanto al letto. Non si sta da soli e senza armi a dormire sulle montagne della California.
Per quanto sia addestrata al tiro con carabina e pistola e sia pronta ad affrontare qualsiasi situazione, Aquila di Mare avverte il panico salire e farsi strada fra le molte e confuse emozioni che lo scuotimento della capanna suscita. Questo è un orso che tenta di entrare. Essere addestrati per fortuna serve proprio a questo: a mantenere freddezza e funzionalità nei momenti di grave crisi. Seduta sul letto, prende un cuscino e se lo piazza fra spalla ed orecchio e si tappa l’altro orecchio con la mano. Poi spara un colpo in aria mirando al trave di colmo onde non bucare il tetto. Lo scuotimento cessa di colpo, la maniglia si immobilizza ed a quanto pare l’orso si è convinto ad andare in cerca di prede meno rumorose. L’orso non è un animale stupido, conosce benissimo il rumore delle armi da fuoco, il loro odore, la loro pericolosità. Forse si è allontanato davvero, e nonostante il tremore Aquila di Mare cerca di riprendere il sonno interrotto. Ma in realtà non si può stare veramente tranquilli quando c’è un orso nei dintorni. E’ un animale imprevedibile, determinato, fortissimo e se ha sentito odore di cibo o se ha trovato i resti della cucina da qualche parte è quasi impossibile levarselo di torno: e se ha un po’ di confidenza verso gli umani, come sembra dal fatto che riconosce una maniglia e sa come manovrarla, e ha smesso di temerli sa benissimo che intorno ai loro insediamenti c’è quasi sempre del cibo. Ritornerà di sicuro.
Il lettino sta sul pavimento di legno e la vetrata è proprio dietro il cuscino: è sufficiente, da distesi, alzare un po’ il mento per vedere l’esterno capovolto. Aquila di Mare è sveglia, sente un rumore, gira la testa e fuori dalla finestra, vicinissimo, vede l’immenso muso dell’orso che col naso tocca il vetro mentre con un occhio e poi con l’altro scruta l’interno della capanna. Lo sguardo giallo sembra fissarsi sul movimento, l’espressione è un po’ perplessa, come se l’assenza di odore di cibo contraddicesse esperienze precedenti, magari qualche visita a tende di campeggiatori… Ma non è il caso di indugiare: una testa di orso larga mezzo metro, ispida e rustica, con quel ghigno che si ritrae per annusare meglio scoprendo zanne lunghe come un piccolo dito, induce a rapide decisioni. Altri due colpi di pistola, sperando che il trave di abete non crolli, e l’orso galoppa via, questa volta con una lunga sgroppata verso valle, dove il sentiero scompare fra gli alberi infiniti.
È mattina presto, siamo in quattro o cinque ad aspettare il nostro turno alla macchinetta del caffè, la adorata Faema. Chiacchieriamo, sorseggiamo i rispettivi cappuccini…Dal balcone vediamo arrivare Aquila di Mare, che di solito si presenta all’appuntamento mattutino molto elegante e curata, tutta scarmigliata e con la lunga gonna spiegazzata e lo scialle di traverso -indossa sempre gonne lunghe e scialli, non si capisce come faccia visto che siamo in mezzo ad un bosco-. Appena ha preso fiato ci racconta la storia, tutti l’ascoltiamo a bocca aperta. Son brutte notizie, queste. Sappiamo che un orso, una volta trovata la strada, non smette di gironzolare intorno alle case e non c’è praticamente modo di indurlo ad andarsene definitivamente. L’anno scorso un orso bruno, forse lo stesso, ha fatto irruzione nel pollaio distruggendone la rete ed è stato sorpreso da uno dei ragazzini, Squirrell, mentre se ne stava ritto in piedi in mezzo ai polli terrorizzati, con un pollo per mano ed altri due schiacciati contro il petto enorme.
Il consiglio della piccola tribù ha deliberato: l’orso va ucciso. Bisognerà attirarlo in una trappola ben congegnata, qualcosa che l’animale non possa subodorare, e piazzargli un paio di colpi di carabina sotto l’ascella. La testa sarebbe un buon bersaglio, me l’osso della fronte è sfuggente, oltre ad essere massiccio, e può deviare un proiettile: perciò non si spara alla testa, ma al cuore e di fianco. Se aspetti di vedertelo in piedi e di fronte, per mirare meglio, in genere è troppo tardi, e se spari ad un animale devi esser sicuro di quello che fai. Non vuoi che, ferito, se ne vada a morire di infezione nei boschi, né che ti si rivolti contro: per piccolo che sia un orso bruno americano in piedi è alto più di due metri e sulle quattro gambe corre molto più veloce di un umano. Se poi riesce a metterti le zampe addosso, non c’è speranza: le sue braccia sono grosse come le nostre gambe e le gambe come il nostro petto.
Non assisto all’agguato, avvenuto quando ormai sono lontano, ritornato in Europa. Ma in seguito ho visto la pelle dell’orso, che giace immensa sul pavimento della libreria della casa madre, e Aquila di Mare quando passa per il mattutino rituale del cappuccino, ne accarezza la testona ormai inoffensiva con le frange della lunga e ben stirata gonna.
May be an image of tree and outdoors
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