Indian Trail 68: La Loggia Delicata.

Indian Trail 68: La Loggia Delicata.

“Scudo!” Questa è Aquila di Mare, un’ufficiale, che parla. La temo, perché è diretta e potente e pur essendo esile ed elegante è circondata da un’aura di totale sicurezza e precisione. Rappresenta una femminilità che nell’occasione non ha nulla di soffice, tutt’altro: mi dà l’impressione che potrebbe disintegrarmi in un batter d’occhio. Ha lunghi capelli castani, si appoggia a un alto bastone che sembra un’arma letale, ed ha uno sguardo d’acciaio.
“Preparati: stasera sei in cerimonia. Fatti una doccia, cena abbondante perché per tre giorni sarai a digiuno, tranne che per il tè nel pomeriggio e l’acqua. Non portarti dietro nulla.” Vuol dire: niente penna, niente appunti, ovviamente niente snacks… solo lo stretto indispensabile per conservare pulizia e dignità..
E’ quasi buio, seguo Tiger giù nel bosco fin dove la mia tendina è pronta ad accogliermi, in un posto diverso da quello della Vision Quest. La mia guardia sarà Squirrel, Scoiattolo, uno dei due ragazzini che vivono a Wild Rose. Quando Squirrel mi prende in carica, invitandomi nel mio cerchio, sto attentissimo a non sottovalutarlo: il fatto che sia giovanissimo non deve indurmi a pensare che sia inesperto e impreparato. Devo mostrare rispetto, perché lui è la mia guardia, l’unico mio contatto con il mondo esterno: sarà lui che chiamerò in caso di bisogno, e sarà lui a dormire nel bosco lì vicino, invisibile ma attento, inavvertito ma onnipresente. Sqirrel, come ogni guardia, condivide tempi e spazi della mia cerimonia: ne è parte integrante.
All’alba vengo svegliato da un deciso richiamo. “Comodo, eh, italiano! Sveglia!” Esco dalla tendina, un po’ confuso. “Quando pensi di cominciare con la tua cerimonia quotidiana? Domani? Dopodomani?” È Ross che parla, e so che ha ragione. Quand’è che penso di cominciare con il mio buongiorno al sole? Inutile nascondersi dietro il fatto che la nuova cerimonia oblitera la precedente: una scusa infantile. “Chiedo scusa. Sono un idiota.” “Non chiedere scusa a me, idiota. Saluta la tua stella!”. Mi sento un verme. Canto la canzone e suono la sferetta argentina e mi sento meglio.
“Andiamo.” Saliamo di qualche decina di metri fino a uno spiazzo perfettamente pulito, con un sentiero tracciato da pietre che conducono a un teepee bianco brillante che si staglia sullo sfondo delle querce e delle madronas di un denso verde scuro.
“Entra, Seeker. Troverai una cesta piena di pietre colorate. Sono le Pietre del Ricordo. Prendi una pietra alla volta, tienila nella mano: dedicale un ricordo della tua vita, se vuoi puoi darle un nome, e posala sul pavimento. Continua, ricordo dopo ricordo, pietra dopo pietra: disegna una linea o un cerchio, o quello che preferisci sul pavimento: sono le Pietre del tuo Ricordo. Ogni pietra è un ricordo.”
La cesta è piena di pietrine colorate, ci sono turchesi, ametiste, diaspri, quarzi, sono tutte arrotondate, burattate. Comincio prendendone una, non so bene da dove cominciare… Poi mi viene in mente il mio primo piccolo cane, quello che portai ai Meli da Trieste, figlio della Popi, la bassotta a pelo ruvido dei miei genitori. Lo avevo chiamato Presnitz, come il tipico dolce rotondetto e lungo. Me lo ero portato praticamente in tasca in treno, cucciolino con un cappottino verde… E’ stato con me per un paio d’anni, poi un giorno è scomparso nei boschi, forse morso da una vipera…Mi ha spezzato il cuore. A Presnitz dedico qualche lacrima, e la prima pietrolina, un’ametista viola e splendente. Seguono persone, amici, amori, progetti… ecco posarsi diaspri rosso scuro e ambre dorate, quarzi che mi riportano sull’Himalaya, turchesi che riverberano delle luci del deserto… Rido, piango… Così è la vita nel suo passare, così è lo specchio del mio essere. Che cosa rimane? Cos’è che ha importanza, quando viene proiettato sullo sfondo dell’eternità?
“Seeker!” Eccomi. Ho cantato la mia canzone per il/la Sole, proprio mentre si alzava fra le alte fronde delle querce. Avevo un freddo tremendo e per quando la coperta di Medicina mi proteggesse, il freddo della notte penetrava dappertutto.
“Seeker, seguimi.” Squirrel mi conduce fino a una sorta di tettoia di rami e fronde da cui si intravvede il bianco teepee, e mi fa sedere. Alle mie spalle ci sono Dancer e Aquila del Mare. Seduta accanto a me, senza preavviso, c’è Cerva, la bionda tedesca che mi aveva ospitato a Monaco. A Monaco mi sembrava di essere in posizione subordinata ma qui pare che siamo entrambi nella stessa posizione di apprendisti stregoni.
La voce di Dancer ci arriva lieve e suggestiva.
“Guardate verso la Loggia Delicata.” È il bianco teepee laggiù, che sembra una magica visione nel verde intenso.
“Quando, molto tempo fa, si riunì il Consiglio dei Pianeti, ogni pianeta espresse i propri desideri, i propri progetti. Ma solo il Pianeta Terra disse: “Io chiedo che su di me venga la Vita, e che la Vita si possa evolvere. L’unica condizione che chiedo è che tutti i miei esseri siano liberi di fare qualsiasi esperienza essi scelgano.”
Ritorniamo alle nostre tende, e abbiamo un compito: dobbiamo sognare, e dobbiamo ricordare i nostri sogni per riferirli domattina quando rientreremo nella Loggia Delicata. Ho un problema: per quanto mi riguarda, sono anni che non sogno o quanto meno che non ricordo i miei sogni. Non so proprio come fare.
Sembra però che qualche angelo mi soccorra, perché in effetti nella notte nella mia tendina, avvolto nella coperta di Medicina, riesco a sognare, cosa per me davvero inusuale. Dopo ogni frammento di sogno mi sveglio perché devo assolutamente ricordarmelo, prendo appunti mentali, cerco di fissare le immagini prima di riaddormentarmi. La mattina sono stanco, ma ho miracolosamente due o tre sogni ben delineati e faticosamente tenuti in memoria. Dall’interno del teepee ne faccio un resoconto, e da fuori Dancer ne dà una rapida, poetica e precisa interpretazione.
Dopo tre giorni di quasi totale digiuno, di sogni faticosamente ricordati e di brevi storie poeticamente sussurrate da Dancer, Squirrel mi conduce alla fonte e mi lascia lì, seduto: sa che per me è importante rimanere in pace e avere il tempo di consolidare gli effetti della cerimonia.
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