INDIAN TRAIL 64: San Francisco.

 INDIAN TRAIL 64: San Francisco.

        Per chi arriva dall’Europa atterrare a San Francisco è quasi come essere a casa, mentre quando si arriva a New York si ha davvero la sensazione di essere in un altro mondo. A New York i controlli sono esasperanti, lunghi e noiosi, mentre qui sei quasi il benvenuto…quasi: c’è sempre un fastidioso beagle che ti annusa i pantaloni e le telecamere sono dappertutto, ma anche il beagle cerca d’essere gentile e sembra rilassato: come sempre l’importante è non avere cibo e altre cose proibite. E’ anche opportuno non aver preso sottogamba il formulario che viene dato in aereo, quello dove chiedono se sei comunista, se sei stato in terreni agricoli e altre cose analoghe. A noi sembrano idiozie, soprattutto le domande politiche, ma gli americani le prendono molto sul serio e non apprezzano leggerezze in merito. Io, come professione, scrivo sempre “Land owner”, cioè “proprietario terriero”, ben sapendo che nei paesi anglosassoni questo fa una certa impressione, come una sorta di titolo nobiliare. Va da sé che un proprietario terriero cammina sui suoi terreni agricoli, ma pare che in questo caso sia perdonabile: è sottinteso che i batteri trasportati da un land-owner sono molto meno nocivi di quelli che potrebbe portarsi appresso un qualsiasi altro mortale.
In mezzo alla gente oltre i cancelli, dopo aver timbrato il passaporto e aver risposto alle solite domande del poliziotto, vedo un tipo alto, magro e un po’ saltellante che tiene un cartello con scritto “Italy”. Lo raggiungo, gran stretta di mano, tipo simpatico. Si chiama Sequoia. Lo seguo fino a un pick-up che nel cassone ha tre o quattro grossi contenitori frigoriferi. Il mio bagaglio, valigia e borsa, va a far loro compagnia. Sequoia assicura il tutto con una corda e partiamo.
L’uscita dall’aeroporto è un labirinto di superstrade, ma Sequoia non ha problemi: usciamo dalle periferie della città che è immersa in una nebbiolina azzurrognola che a San Francisco è quasi onnipresente ed è dovuta al flusso delle varie correnti fra la Baia e l’oceano Pacifico, e imbocchiamo il Golden Gate, il ponte lungo quasi tre chilometri che sovrasta la baia e ci porta verso Marine County, un po’ più all’interno. Siamo sulla 101, la strada che traccia la California da Los Angeles fino all’Oregon, e poi verso nord fino allo stato di Washington. La California è lunga 1250 chilometri e la 101 ne percorre una buona parte.
“Per questa notte ci fermiamo qui, in Marine County, da Goose. Vedrai che casa!” Sono un po’ sorpreso, pensavo che avremmo continuato il viaggio, anche se in effetti è un po’ tardi. Non so quanto ci voglia per arrivare a Wild Rose, il ranch dove stanno Wolf e tutti gli altri, e solo più tardi scopro che ci vogliono altre cinque ore di macchina.
Goose è una trentenne molto gentile e piuttosto elegante. Mi mostra la mia stanza, che è una raffinata suite con una sofficissima moquette color tortora, un lussuoso bagno… sono colpito: questa è chiaramente una casa milionaria. Goose mi chiarisce le idee: siccome a lei non importa avere una dimora stabile e le basta vivere in zona -fa la commercialista in uno studio dei dintorni- si adatta volentieri ad abitare in prestigiose case che sono in attesa d’essere vendute e che hanno bisogno di essere guardate e custodite per il periodo in cui rimangono sul mercato. Il solo obbligo è di tenerle in ordine e di aprirle ai potenziali clienti un giorno alla settimana.
“Tu sei qui perché gli amici di Wild Rose vogliono che io ti dia un’occhiata prima di farti proseguire.” Piuttosto diretta, non c’è che dire. Mi guarda dritto negli occhi, vuol vedere come reagisco.
“Be’, ma mi ha invitato Wolf…”
“La so, ma Wolf non sarà l’unica persona che incontrerai, e gli altri preferiscono che io riporti le mie impressioni.” Un filtro, insomma. Mi sembra notevole, mi pare una precauzione comprensibile a cui io non avrei mai pensato: capisco che in fondo qui nessuno mi conosce, nessuno mi ha mai visto, tranne il Capo. Non batto ciglio. Sono qui per imparare.
La 101, detta ‘one-o-one’, va verso nord attraversando la Napa Valley, che è la vasta vallata dove vengono coltivati innumerevoli vigneti e mille altre cose. È molto più piccola della Central Valley, quella della capitale Sacramento al di là delle montagne e che si dice potrebbe produrre da sola il cibo per tutti gli Stati Uniti, ma è comunque vasta e lunga e costellata di aziende vinicole, molte delle quali hanno nomi italiani. Sequoia guida silenzioso e io mi guardo attorno, curioso. Attraversiamo alcuni paesi, o cittadine, o addirittura città come Santa Rosa. La 101 in certi punti passa proprio nel mezzo dei paesi, percorre Willits da sud a nord e poi entra in una zona boscosa e rocciosa, selvaggia e a tratti costeggiante un fiume impetuoso. C’è una deviazione e cominciamo a salire per una strada sterrata: fin qui abbiamo viaggiato per quasi quattro ore, e scambiato poche parole. La strada passa accanto a un ranch, ci sono delle vacche al pascolo. Sequoia apre il finestrino e grida “Hey Jim, come va?” Jim è un vecchio cow-boy, cappellaccio e jeans, agita una mano in saluto. Continuiamo. “Jim è un amico, un alleato. Qualche volta prendiamo il latte da lui, quando è stagione”. Stiamo entrando in una zona densa di querce e abeti, alcuni dei quali sono enormi. Fra gli alberi vedo piccoli gruppi di cervi che pascolano tranquilli. Qualche steccato malridotto segnala altri ranch, ma niente case. Ormai siamo a quasi mille metri di altitudine, l’aria è bella frizzante e da alcuni tratti di strada si vede la vallata stendersi lontano, verso altre colline senza fine.
“Bene, siamo arrivati! Benvenuto a Wild Rose.” Sequoia scende e apre un cancello. Io scendo, lo faccio passare e chiudo. Una discesa con due o tre curve ci porta su uno spiazzo davanti ad una bella e grande casa su due piani e con una scala esterna. Tutto di legno, tutto color rosso mattone scuro, e tutto immerso nel bosco di grandi querce e qualche raro abete. Anche qui, a due passi, due cervi stanno pascolando. In cima alla scala si apre una porta ed esce Wolf, con una bella donna al fianco. Si fermano sul pianerottolo e lui fa “Benvenuto Scudo! Finalmente arrivato.”
No photo description available.
Like
Comment
Share

Commenti

Post popolari in questo blog

Quando si è leggenda: Timberwolf Shaka.

INDIAN TRAIL 40/a: Quasi Europa.

INDIAN TRAIL 41/a: Trieste.