INDIAN TRAIL 63: Breve intermezzo famigliare.
Breve intermezzo famigliare.
Prima che la destrutturazione cui vengo sottoposto quotidianamente in California abbia ragione di me e mi faccia dimenticare le mie origini, penso sia opportuno ripercorrere quel che ricordo della genealogia famigliare che nella sua ammirevole evoluzione si è trovata, sia pure con un sobbalzo, a dover integrare anche il sottoscritto.
Se vi capitasse di svalicare in Slovenia, proprio oltre il confine dietro Monrupino, vi trovereste ben presto in un paesetto che si chiama Cehovini. Deve il nome ad un mio trisavolo, Andrea Cehovin che nacque proprio lì, nell’allora Braniza, un minuscolo borgo di poche case di pietra carsica, luogo tuttora conservato e che ho religiosamente visitato rimanendo colpito dalla estrema rusticità delle antiche costruzioni: zero finestre, porta dall’architrave monolitica bassissima… Sembrava d’essere nel neolitico. Lì vicino, nella parte più nuova dell’abitato, c’è una sua statua. Gli abitanti la seppellirono durante la guerra per proteggerla e poi la tirarono fuori e la rimisero in piedi: è alta quasi quattro metri, piedistallo compreso, e celebra l’antico compaesano.
Andrea nacque in una di quelle casette nell’agosto del 1810, e da lì sgattaiolò per unirsi all’esercito di Francesco Giuseppe. Ricordiamo che tutta la zona, Trieste compresa, faceva parte dell’Impero Austro Ungarico.
Essendo partito dal nulla, Andrea fece carriera. Divenne sottufficiale e poi ufficiale artigliere. Combattè a Montanara, Sommacampagna, Mortara, Livorno… All’epoca la strategia guerresca era piuttosto semplice, derivata da secoli di pedissequa applicazione delle regole antiche: quando hai il nemico schierato lì di fronte, vai all’attacco frontale cercando di sterminarlo. L’astuzia tattica suggeriva di accerchiare lo schieramento nemico con la cavalleria, con una manovra a tenaglia sui fianchi. Andrea che comandava una batteria di otto cannoni ebbe l’idea di girare verso l’esterno quattro cannoni laterali, e così facendo prese d’infilata il nemico che cercava di accerchiarlo. Questa semplice ma efficacissima idea aiutò a vincere svariate battaglie e l’Imperatore lo fece barone, e come ricompensa gli assegnò il feudo dov’era nato, che da allora si chiamò Cehovini. Lui divenne Andreas von Cehovin. Morì a quarantacinque anni. Sullo stemma di famiglia c’è l’elmo piumato che significa “per fatto d’arme”.
Più vicino a me c’è stato il nonno materno Nino, Giovanni Marega. Lo amavo moltissimo, era un tipo davvero eclettico. Non conosco i dettagli della storia, ma ad un certo punto lui si è dimenticato di cambiare una montagna di valuta -la sua famiglia aveva delle trattorie in Istria, ed erano pieni di soldi- in quella di nuovo corso… Fatto sta che io da piccino giocavo con montagne di carta moneta che saltavano fuori da un baule. Nulla scalfiva il suo buonumore. Aveva cominciato come capo meccanico alle Cooperative Operaie a Trieste, ed era noto perché partiva in motocicletta con un po’ di fil di ferro, una calza di nylon da donna ed un martello per andare oltre confine a recuperare i camion Coop che si arenavano sulle micidiali strade Yugoslave, carichi di ogni ben di dio da riportare in Italia. Parecchi anni dopo mise in piedi la “Meccanoplastica”, una piccola ditta che funzionava abbastanza bene, in Via del Ronco vicino al Giardino Pubblico. Quando ci fu l’occupazione nazista durante la guerra lui stava nella resistenza, nome di copertura Danilo. Le SS, che naturalmente ignoravano il fatto, gli affidarono le loro aquile cioè i timbri ufficiali: lui in città era uno dei pochi che poteva stampare su qualsiasi materiale… Stampò clandestinamente, e questa è una storia di famiglia e non penso che ne esista memoria altrove, molti lasciapassare per gli ebrei che cercavano di scappare. Occorre notare che Trieste all’epoca era la più numerosa enclave ebraica europea dopo Londra. Narra la storia di famiglia che un treno pieno di poveri deportati verso i campi di concentramento fu fermato nei dintorni di Gorizia e vennero fatti scendere quelli con il lasciapassare: poi il treno fu mitragliato.
Le SS gli fecero visita, trovarono naturalmente le aquile e lui sereno e tranquillo disse “Be’, certo che ce le ho: me le avete date voi!”
Commenti
Posta un commento