INDIAN TRAIL 53: Il bacio.
Il bacio.
Viaggiare è una bella cosa, però è ancora meglio ritornare a casa e ritrovare l’amata Joy, salutare i polli e girellare per l’orto per vedere che tutto funzioni: mi sembra di vedere le cose con occhi nuovi, lo sguardo rinfrescato dall’assenza.
Girando per i boschi di quercia e carpino, o lavorando nell’orto giù alla fonte sono circondato dai grandi alberi che abbracciano il campo: comincio ad avvertire la loro viva presenza, mi rendo conto che è da un bel po’ di tempo che mi vedono venire e andare, zappare e piantare e che non può certo esser loro sfuggita la mia esistenza: da quattordici anni vado e vengo su questi sentieri e quando mi avvicino le loro foglie vibrano amichevolmente, come se riconoscessero un fratello più piccolo, un po’ diverso dalle solite volpi e cinghiali, ma che transita altrettanto innocuo e indaffarato. Mi sento in mezzo a una popolazione di amiche, respiro il loro respiro, mi rinfresco alla loro ombra e a volte quando passo sotto i grandi rami ho l’impressione che mi suggeriscano delle idee e ispirino risposte a domande inespresse. Quando le saluto mi rispondono con il cinguettìo di un pettirosso, o con un lieve e delicato stormire di fronde, o colpendomi con una ghianda sul cocuzzolo. Mi viene in mente che la parola ‘gardener’, giardiniere in inglese, in realtà vuol dire ‘guardiano’, cioè protettore, difensore. Mi sembra un ruolo adatto all’essere umano, e forse l’umanità avrebbe questo compito sul pianeta, se solo ne fosse consapevole: protettrice e guardiana.
Ogni tanto mi siedo accanto alla Piccola Grande Quercia, quella immensa che a volte si staglia contro il tramonto rosso dorato, e suono una serenata per il popolo del bosco.
Sul sentiero che va verso il fiumicello che fa da confine a nord della proprietà c’è una coppia di alberi, una roverella e un cerro di circa trent’anni: i loro tronchi partono da terra a una ventina di centimetri uno dall’altro, la roverella rugosa con una tipica aria antica sin da giovane ed il cerro bello liscio che sembrerà giovane anche da vecchio. Le due crescono parallele per circa un metro, e poi si baciano. Sono due bocche così intimamente unite che quasi si sente la linfa passare da una all’altra. Il bacio si ripete un metro più in alto, come se non volessero dimenticare l’amplesso. E’ un bellissimo insegnamento: l’amore è possibile anche nella competizione. E’ chiaro che le loro radici competono per il nutrimento sotterraneo, dove si intrecciano e collaborano a rendere più forti entrambe le piante. Le loro foglie respirano la stessa aria, anelano alla stessa luce, eppure a ben guardare si vede una danza d’amore. E’ un ponte che attraversa il paradosso e unisce due mondi: l’amore e la competizione. Ed effettivamente quando ci si addentra nei boschi è possibile accorgersi che nonostante la costante competizione in atto si è immersi in una danza armonica, senza astio e senza inimicizia.
Sembra quasi che ci sia qualcosa da imparare, da queste nostre antenate.
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