INDIAN TRAIL 50: Coro polifonico Coradini

 INDIAN TRAIL 50:  Coro polifonico Coradini

Le fiere sono divertenti e remunerative, la compagnia di piante ed animali è gratificante e forse persino sufficiente a sopravvivere, ma ogni tanto un po’ di compagnia umana non guasta: perciò mi decido e vado ad Arezzo, alla sede del Coro Coradini. In fondo, so di essere ben intonato e da sempre ho amato le armonizzazioni vocali, fin da piccolino quando con mio fratello cantavamo le canzoni alpine, Stelutis Alpinis, La Violeta, La Grigna… Entrare a far parte di un coro mi sembra allettante. Staremo a vedere, perché il Coradini è un coro polifonico di alto livello e chissà quanto sono selettivi nella scelta dei cantanti.
Il Maestro direttore del coro è Fosco Corti, una leggenda nel microcosmo della polifonia classica. E’ piccolino e pieno di energia: sta seduto al pianoforte e mi fa fare un po’ di gorgheggi e scale e mi ingaggia come baritono, salvo ben presto decidere che canto meglio da tenore. In realtà io ho una voce media che brilla soprattutto per l’assenza delle caratteristiche tipiche, cioè lo squillo del tenore e la profondità del baritono. Ma ha un bel ‘colore’ e posso fungere da tratto di unione fra le sezioni. Posso cantare in entrambi i ruoli e le mie note migliori sono centrali e quindi entro in gioco proprio dove i baritoni e i tenori sono meno brillanti. La voce umana ha in genere due o tre note, sulla scala cromatica, che esprimono la cosiddetta “vera voce”. Poi naturalmente si può andare in alto e in basso a seconda della propria estensione: ma la vera voce sta lì, due o tre note appena. Sono le note emettendo le quali il miracoloso complesso di tessuti che compone il nostro sistema vocale vibra al suo meglio, o come già detto, sollecita e armonizza il maggior numero di armonici creando il timbro, ovvero quella caratteristica che distingue una voce dall’altra, uno strumento dall’altro. E’ il timbro dello strumento che lo individua e lo rende unico, come fosse un’impronta digitale.
Visto che le mie note migliori stanno proprio lì, dove i baritoni fanno fatica a salire ed i tenori stentano un po’a scendere, ai concerti vengo piazzato al centro dello schieramento a sostenere le tessiture melodiche centrali, nel mio completino grigio fornito dalla Società del Coro. E’ la prima volta in vent’anni che indosso giacca e cravatta.
Vado ad Arezzo due sere ogni settimana, una per le prove e una per la lezione di canto offerta dalla scuola di musica abbinata al coro.
Fosco Corti è un grande direttore, oltre che organista e compositore. Con la sua direzione il Coro Coradini ha fatto innumerevoli concerti e partecipato a concorsi internazionali, spesso uscendone vincitore. Ha persino inciso per la Deutsche Grammophon, che è una delle più prestigiose case discografiche di musica classica, la Passione di Corteccia. Ciò che fa di Fosco un grande maestro di coro è il suo coraggio, sostenuto dalla profonda competenza, nel dirigere le quattro sezioni del polifonico. La maggior parte dei direttori di coro tende a uniformare le singole voci che compongono ogni singola sezione, di solito sono otto o dieci, attenuando chi canta troppo forte e sollecitando chi canta piano così da poter dirigere la sezione come fosse un’unica voce. La direzione così è semplificata e il suono ne esce omogeneo. ma il risultato corre il rischio di essere soporifero perché mancano le dinamiche intrinseche alla varietà di voci. Fosco Corti è fatto di un’altra pasta: lui “lancia” le voci migliori, fa cantare i tenori più brillanti come fossero dei solisti e tutti gli altri devono inseguirli. Stessa cosa per le soprano. Contralti e baritoni devono anche loro lavorare in modo simile, anche se le loro dinamiche sono meno appariscenti. Il risultato sono esecuzioni brillanti, piene di energia e in grado di vincere competizioni internazionali.
E’ un’esperienza molto coinvolgente e interessante: nel repertorio ci sono Bach, Mozart, Schumann…C’è persino un pezzo di Gabrieli che richiede che il coro si suddivida in dodici sezioni, un vero virtuosismo corale che cantiamo una sera nella splendida Pieve di Arezzo, con l’orchestra regionale.
Fosco Corti viene chiamato a dirigere il coro della Rai a Roma, dove purtroppo muore. Rimasti orfani, noi coristi proseguiamo con altri direttori anche loro molto bravi: ma un po’ della magìa di Fosco si è perduta, e non sentiamo più battute come “Insomma! leggete bene: è scritto ‘Sicut locutus est’, non come dite voi ‘Siculocususes’!
La mia ultima esibizione col Coradini avviene dopo tre anni di partecipazione, quando mi sembra di aver esaurito l’esperienza e di esser pronto a passare ad altro. Accade che ci sia in programma un concorso a Lyon, Francia, e che fino al giorno prima io sia a New York, per faccende che dirò fra un po’. Mi sono organizzato abbastanza bene: una delle soprano mi porterà il vestito e io farò in modo di ritornare in tempo e presentarmi in teatro puntuale.
Atterro a Milano, raggiungo la stazione e compero un biglietto per Lyon. Salto sul treno, è l’alba. Dopo qualche ora ho il sospetto che qualcosa sia fuori posto. Scopro che il treno sta andando a Parigi, alla Gare du Lyon. Il bigliettaio ha confuso i nomi e mi ha dato un biglietto sbagliato e io, un po’ rimbecillito dal viaggio e dal cambio di fuso orario non me ne sono accorto. Eccomi disperato a Parigi. Per miracolo c’è quasi subito un TGV per la vera Lyon. Arrivo in tempo per veder arrivare il pullman dall’Italia che trasporta tutti i coristi.
Gran concerto, applausi, arrivederci a presto.
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