INDIAN TRAIL 41, Edizione Natalizia: "Business di Natale"

 INDIAN TRAIL 41, Edizione Natalizia: "Business di Natale"

Ci sono aspetti tecnico-artistici e altri economico-burocratici che influiscono sugli sviluppi del nuovo business in gestazione. E ne esiste pure uno logistico: sto cominciando a incorniciare le nostre incisioni e mi serve un luogo abbastanza ampio da trasformare in laboratorio. Le pecore sono ormai scomparse dall’orizzonte, ma la loro stalla è ancora tutta da pulire e ristrutturare e siccome è l’ambiente più grande di tutti i fondi mi adatto a convivere con qualche pressa di paglia e ad utilizzare la mangiatoia come banco da lavoro. Convivo anche con il profumo di cui le pecore hanno intriso pavimento e pareti di pietra.
Lo studio, cioè il luogo dove si creano le matrici e dove abbiamo collocato il nuovo torchio a stella sta al piano di sopra in una bella stanza rinnovata e luminosa. Ci sono risme di carta, tavoli da lavoro, barattoli e tubetti di colori ed inchiostri: un vero studio d’arte.
La tecnica di Claudia si evolve rapidamente e dalla puntasecca passa alle incisioni in acido nitrico, l’acquaforte, l’acquatinta, la cera molle, fino alla scomposizione dell’immagine su varie matrici, il che complica un po’ la vita dello stampatore ma apre la strada all’introduzione di soggetti policromi nel portfolio, e questo è un grande passo avanti. I colori tradizionali con cui in passato si inchiostravano le matrici erano il nero, il sanguigna e il sepia, e se si voleva aggiungere del colore all’opera bisognava ricorrere all’acquerellatura: ma adesso siamo in grado di creare originali a vari colori e scopriamo di essere uno dei pochi studi che lo fanno ed il risultato è davvero notevole. Via via che il nostro portfolio si amplia e diventa sempre più vario e appetibile anche il mio banco si arricchisce di una clientela sempre più interessata e devo dire affezionata. Fra i miei clienti ci sono anche dei galleristi e molti turisti stranieri: a quanto pare un banco di incisioni originali, unico in mezzo ad una fiera, sorprende e attrae.
La qualità degli originali ormai realizzati su bellissima carta a mano e con torchio professionale è l’ingrediente principale del discreto successo dell’impresa, ma ho anche altre pedine che fanno gioco. Sono davvero entusiasta del nostro prodotto e conoscendone ogni aspetto tecnico riesco a trasmettere ai clienti il mio apprezzamento e a spiegare l’originalità delle opere in modo piuttosto convincente. Anche chi non compera nulla se ne va contento, istruito sui segreti dell’acquaforte. E poi parlo piuttosto bene l’inglese, lingua che quasi tutti i turisti conoscono e che gradiscono molto sentire usata con una certa disinvoltura: mi capita spesso di avere simpatiche conversazioni, persino di sviluppare amicizie, e le vendite progrediscono. Infine ho sempre con me la chitarra e quando decido di suonare un po’ si forma un piccolo gruppo di persone che ascoltano le mie improvvisazioni e ammirano le stampe.
Mi accorgo che mi piace molto andar per fiere, organizzare il banchetto, chiacchierare con i clienti e fare pure dei buoni incassi. Ci sono tagliato, mi viene naturale: e per quanto sia un lavoro faticoso ha il grande vantaggio di svolgersi quasi sempre nei week-end, lasciandomi libero il resto della settimana per occuparmi dei restauri della casa e delle varie incombenze poderali.
Alla Fiera Antiquaria di Arezzo si sono affiancate quella di Lucca, Pistoia, gli Obei Obei di Milano, Modena… Arrivo a percorrere quarantamila chilometri all’anno, come se ogni anno circumnavigassi il pianeta. Mi separo dall’amata R4 e compero una Kadett a gasolio nuova di zecca.
Grazie al fatto che i genitori di Claudia stanno a Padova e quindi abbiamo una base dove poter stare decidiamo di provare ad intrufolarci nella bellissima Fiera di Natale che la città organizza nelle Piazze centrali. I posti in quella Fiera sono ambitissimi, numerati e contingentati, ma con il mio banchino, evitando di dare noia ai banchi ufficiali ed essendo il meno intrusivo possibile riesco a ritagliarmi un posticino sotto i portici e a non infastidire nessuno. I vigili passano ogni giorno, mi notano ma mi lasciano stare. Funziona e nonostante le minuscole dimensioni dell’esposizione faccio discreti affari. L’anno successivo ripetiamo l’operazione, stesso angoletto, banco appena più grande, ottime vendite.
Il terzo anno decido di ingrandire il banco perché il nostro portfolio si è ampliato e merita più spazio: apro persino un ombrellone e mi piazzo alla fine di una breve fila di banchi, in una strada centrale. Arrivano i vigili. “Buongiorno. Ce l’ha il permesso?” Io cado dalle nuvole. Ormai pensavo di essermi conquistato una specie di diritto, un’usucapione visto che per due anni mi avevano lasciato in pace. “Veramente no. Quale permesso?” “Il permesso del Comune per occupare il posto: ce l’ha la licenza?” “Be’, no, vede, io sono un artista, non un commerciante…” “Senta, non può stare qui. Chiuda tutto e se ne vada.” “Ma come, son due anni che….” “Lasciamo stare. Non può stare qui se non ha il permesso. Quando torniamo il posto dev’essere libero.”
I vigili sono istituzionalmente i grandi nemici di chi opera abusivamente, ma sono pure esseri umani e se vedono che non si dà troppo fastidio, che non si protesta e non ci si oppone cocciutamente alla loro autorità tendono a lasciare un po’ di spazio di manovra: sanno benissimo che non si è lì per divertimento, ma per lavorare. Occorre però stare in campana e mostrarsi arrendevoli e rispettosi. Perciò sorrido, ringrazio, copro il banco con un telo e disperato salgo le scale del palazzo del Comune, lì vicino. Non so cosa fare, sono lontano da casa e mi stanno cacciando dal mercato su cui, sia pure ingenuamente, ormai contavo.
Mi piazzo su una seggiola nel corridoio dove ho scoperto esserci l’ufficio dell’assessore al commercio. Sono le nove, vengono le dieci, passano le undici. Gente entra ed esce dall’ufficio, è mezzogiorno. Verso l’una la porta si apre e appare un signore alto ed elegante in un bel cappotto color cammello: dev’essere l’assessore. Mi alzo e con la mia valigetta in mano mi infilo letteralmente nella stanza, senza esitazione e sotto lo sguardo sorpreso del tizio che rimane senza parole e non fa in tempo a seguirmi finché io non mi sono seduto di fronte alla sua scrivania ed ho cominciato a spargere le incisioni sul ripiano.
“Ma scusi, che ci fa lei qui? Guardi che questo è il mio ufficio!”
“Certo, buongiorno, ecco vede, io sono uno stampatore di acqueforti, eccole qua…” Lui gira intorno alla scrivania e guarda le incisioni esposte. “Vede, questa è un’artista di Padova, è bravissima. E’ un onore per la Fiera di Natale ospitare le sue opere. Sono degli originali, delle incisioni ad acquaforte…” Continuo ad estrarre esemplari sotto lo sguardo attonito dell’assessore, tuttora incappottato. Tenta di interrompermi:
“Sì, vedo, belle ma…” Sono lanciato. Non c’è ‘ma’ che tenga.
“Si tratta di incisioni originali, vede, una cosa abbastanza rara. L’artista come dicevo è di Padova, Accademia di Venezia: la Fiera deve accoglierla, è un’occasione. Vede, ci sono due deliziose vedute delle Piazze…”
L’amico è imbarazzato, non sa bene come comportarsi: io sono decisissimo ma molto gentile e palesemente educato e gli viene difficile buttarmi fuori a pedate. Immagino che voglia pure andarsene a pranzo e cerchi un modo per liberarsi di me, che però non demordo e insisto nel propinargli la solfa dell’artista di Padova, dell’originalità delle opere…
“Senta, ma lei ce l’ha la licenza?”
“Veramente no, ma vede, siamo artisti e queste sono…”
“Sì, sì, ho capito, sono incisioni originali. Ma scusi, se non ha la licenza come posso dirle di venderle in Fiera?”
“Be’, siccome siamo artisti…”
Alza il telefono e chiama il funzionario addetto ai mercati, che per fortuna è ancora in ufficio.
Il signor Della Guizza è il funzionario in questione ed è colui che sa tutto di fiere e mercati e aree pubbliche. Mi guarda e mi riconosce perché nei due anni precedenti mi ha visto più volte sotto i portici con il mio banchino, e ha anche notato che i miei clienti sono in genere gente elegante, signore impellicciate e simili. Nulla sfugge al direttore dei mercati di una grande città: riceve informazioni dai vigili e conosce bene i suoi polli. Sa che io sono una brava persona, con o senza licenza.
L’assessore è seduto, lui è in piedi lì accanto. Fra i due passa uno sguardo veloce e Della Guizza fa un lieve cenno di assenso. E’ fatta.
“Faccia venire il comandante, per favore, grazie”. Della Guizza telefona all’ufficio dei vigili e dopo pochissimo arriva il comandante dei vigili urbani in divisa gallonata.
“Questo fate finta di non vederlo, comandante. Grazie”.
Ringrazio sentitamente l’assessore e Della Guizza, con cui rimarrò in ottimi rapporti per molti anni a venire: gli assessori vanno e vengono, ma il funzionario rimane ed è lui che detiene il vero potere.
Sono salvo sia pure per miracolo, e ho scoperto un aspetto del mio carattere che non conoscevo e che è venuto a galla spinto da una necessità estrema: in un certo senso appartiene a quella categoria di risorse che mi accorgo di possedere in circostanze rare e speciali, quelle che a volte mi permettono di superare i miei limiti.
Certo è che entro l’anno devo superare un altro limite e decidermi a prendere la licenza.
nelle foto: incisione a tre matrici.
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