INDIAN TRAIL 38: Missaggio e royalties.

 INDIAN TRAIL 38: Missaggio e royalties.

Ogni tanto in regìa si affaccia Francesco, ascoltiamo il lavoro della giornata e nella saletta sembrano tutti soddisfatti. Le registrazioni stanno procedendo veloci, di solito sono buone alla prima e non richiedono ripetizioni se non per migliorare qualche dettaglio. Inserisco qualche armonizzazione vocale e qualche assolo di chitarra. Su un paio di pezzi interviene Francesco con delle percussioni e un passaggio di celesta, che è una tastiera dal suono per l'appunto celestiale. Poi si presentano Scotti con il basso e Visentin che suonerà il pianoforte, entrambi ad arricchire la base di chitarra e voce. Sono passate tre settimane e siamo pronti per i missaggi.
Il missaggio è una fase delicatissima della produzione. Non ci sono computers ad aiutare e ogni Studio ha una sua propria strumentazione che genera un suono individuale, a prescindere dalla registrazione su master. Perciò ogni volta che si cambia studio -il che accade per esigenze logistiche- di fatto i suoni cambiano. E' vero che stanno per arrivare gli Studi Eastlake destinati a risolvere il problema, ma sono ancora in fase di importazione dall'Inghilterra. Si tratta di Studi completamente standardizzati, dalla struttura fisica dell'ambiente alla consolle e registratori, dai microfoni ai nastri magnetici. Costosissimi. Pare che i tecnici inglesi si portino in aereo persino il cemento con cui costruire la regìa. Il risultato è che una registrazione fatta a Roma può essere missata a Londra o a New York senza che il suono subisca alterazioni. E’ un importante passo in avanti: artisti in tour vogliono poter viaggiare con i loro master, cioè le registrazioni originali su cui continuare a lavorare ovunque siano. E poi bisogna tener conto del fatto che in tutte le arti musica compresa tutti i passaggi della produzione sono essenziali: chi puo’ permetterselo, per esempio, va a fare i missaggi a Londra dove lavora un leggendario indiano che sembra essere una specie di mago del suono; qualcun altro va a New York per farsi registrare un assolo da un impegnatissimo chitarrista che mai verrebbe a Roma…
Per il momento Ubaldo e io ci limitiamo a trasferirci al piano di sopra, allo Studio C dove cominciamo a missare. E' vero che i suoni cambiano rispetto allo Studio E, ma la musica è abbastanza semplice e il fonico è un maestro, perciò tutto fila liscio. Il master è registrato su un ventiquattro piste, cioè è inciso su nastri alti cinque centimetri che contengono tutte le singole tracce, tracce che Ubaldo fa suonare una alla volta per analizzarne la qualità, aggiungere un po' di riverbero, una goccia di eco, applicando una ricetta che personalizza per ogni traccia. Poi ascolta due strumenti insieme, li arrotonda, li pulisce, poi ne fa suonare tre e così via. Deve regolare i volumi continuamente, traccia per traccia, e tenere a memoria tutti i dettagli, stereofonìa compresa. Quando gli strumenti sono a posto bisogna passare alla voce, che è la più delicata. La voce è registrata su due piste con due microfoni diversi e viene missata con grande delicatezza per elicitarne tutti gli armonici.
Ci sono molti altri particolari, ma sarebbe troppo lungo descriverli. A metà della quarta settimana il master missato è finito e se ne stampa un vinile come provino. Sarà anche un provino, ma è un vero LP: non credo ai miei occhi.
"Scudo" mi fa Francesco "Domani abbiamo appuntamento con Melis. Sta pronto!”
Aspettando il momento in cui incontrerò il mio destino me ne sto seduto su uno dei divanetti del lussuoso bar che mamma Rca mette a disposizione di chi può permettersi pause, attese e agguati. Di lì prima i poi passano tutti: quelli già famosi e i loro ospiti, belle ragazze, fonici e recordisti bisognosi di un buon caffè… Alcuni personaggi in cerca d’editore sostano per ore ed ore e si fanno chiamare ogni tanto al telefono in modo che dall’altoparlante venga diffuso il loro nome, immagino a scopo promozionale. Il patetico espediente non sembra funzionare e loro rimangono al loro posto, sorridendo a qualche star di passaggio. Le star da queste parti sembrano circondate da un’aura carismatica cui sono molto sensibili quelli che non sono ben integrati nel business. Penso sia così dappertutto, ma qui è frequente incrociare gente di spettacolo, qualche attrice, qualche cantante apparso spesso in televisione. Io sono molto ignorante in materia: non avendo elettricità in casa non possiedo un televisore, e sono impermeabile alle lusinghe di una fama i cui portatori non riconosco. Mi accorgo tuttavia del potere della fama quando, salendo la scalinata che ci porta dall’onnipotente direttore, Francesco e io incontriamo due belle ragazze che stanno scendendo per i fatti loro : appena lo vedono si fermano, si girano e una lo prende sottobraccio ed entrambe cominciano a salire con noi, come fosse la cosa più naturale del mondo.
Ennio Melis è basso e tondetto, sta seduto dietro una vasta scrivania nel suo ufficio direttoriale alle cui pareti sono appese dozzine di dischi d’oro e di platino e qualche fotografia di gente famosa. Io sono intimidito: sono al cospetto di colui che valuterà il mio lavoro e deciderà il mio destino musicale.
“Ehilà, Francesco, tutto bene? Cos’è che mi hai portato? E questo chi è? Amico tuo?”
Francesco posa il vinile sulla scrivania.
“E’ Scudo. Un triestino toscano. Senti un po’ che bel lavoro!”
“Ciao Scudo! In Toscana eh? Ci devo venire…. Ma che cazzo, Francesco, questo è un vinile finito! Non ne sapevo niente!”
“Volevamo farti una sorpresa, Ennio. Tu hai troppo da fare…”
“Ho capito, ma sarebbe il mio lavoro….Be’, sentiamo dai”.
Si appoggia al comodo schienale della poltrona, chiude gli occhi e sembra estraniarsi da ciò che lo circonda. Francesco mette il vinile sul piatto del giradischi, e la mia musica si diffonde da due meravigliosi altoparlanti a volume bello alto. Io sono immobile sulla mia seggiola imbottita cercando di sentire ogni sfumatura, ogni imprecisione… Le nove canzoni scorrono senza interruzioni e alla fine Ennio apre gli occhi e sbotta: “Bel lavoro. Ma, dico, qui si fanno i dischi senza dirmelo?”
Il sollievo è enorme: ha detto ‘si fanno i dischi’: vuol dire che ce l’abbiamo fatta e che questo è ufficialmente un disco.
Non sono in caccia di fama e nemmeno di soldi: la cosa che mi importa è che la mia musica sia riconosciuta valida a livello professionale e il giudizio del direttore generale, oltre che direttore artistico, mi gratifica moltissimo. Quando si fa dell’arte è necessario procedere in modo autoreferenziato, evitando consigli e suggerimenti: ma quando infine si espone la propria opera si vive un momento di grande intensità, composto di apprensione, speranza, confidenza… E’ un po’ come lanciarsi nel vuoto sperando che qualcuno ti accolga.
“Niente male, Scudo. Mi piace. Ne riparliamo, dobbiamo decidere copertina, tempi di stampa, quando farlo uscire. Intanto vai da Bianchini, l’avvocato che ti farà vedere il contratto. Ormai sei dei nostri. Francesco, il prossimo giro vedi di avvertirmi prima di cominciare a fare dischi a mia insaputa!”
Si accende una luce su uno dei telefoni. Melis agita la mano in segno di saluto e noi ce ne andiamo.
L’indomani firmo il contratto che mi impegna per cinque anni in esclusiva, chiedo e ricevo una discreta somma come anticipo sulle royalties, che sono i diritti d’autore, e saluto Francesco abbracciandolo: è stato un preziosissimo amico durante tutta la lavorazione oltre a essere la chiave che ha spalancato una porta che da solo non sarei probabilmente mai riuscito ad aprire.
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Susanna Cecovini Amigoni, Lucia Ferina and 4 others
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