INDIAN TRAIL 31: Merlot
INDIAN TRAIL 31: Merlot
Abbiamo rifatto i pavimenti, ripristinato gli intonaci, piazzate le dieci finestre di castagno italiano costruite dal prediletto falegname Caporali che si occupa in genere di casse funebri ma che è anche un fantastico artigiano della vecchia scuola: è da lui che imparo a valutare la qualità del legname fino dettagli del tipo: "Se hai del legno di moro vedi di metterlo sul fondo dei telai: è un legno che dura per sempre. Ho visto case crollate e finestre distrutte, ma il moro era intatto." Il moro è il gelso da more, raro e prezioso, giallo canarino appena segato e rosso bruno nei secoli a venire: eterno. Mi accorgo che mi piace parecchio -anche se non so bene spiegarmene la ragione- trovare e far stagionare legni rari e difficili da reperire: mogano, moro, cedro del Libano, cipresso, ciliegio... Il legno vuole anni di stagionatura prima di esser messo in opera, perciò cerco di averne cura e trattarlo bene.
Il tetto è a posto: il piano di sopra della casa è tutto abitabile. Certo, non c'è corrente elettrica nè telefono ma si sopravvive benissimo. E poi c'è un orto ben organizzato e persino il motorino a scoppio che spinge l'acqua della fonte fino alla cisterna ogni tanto ci fa la grazia di funzionare.
E' ormai tempo di pensare al futuro e piantare una vigna.
Nel campo accanto alla casa ci sono quattro o cinque filari di aceri campestri e di ornielli, o frassini minori, che fanno da sostegno alle vecchie viti proprio come si è sempre fatto in queste vallate. Sono presenti molte varietà di uva e immagino che questo sia dovuto all'influenza culturale esercitata dalla relativa vicinanza del Chianti dove il famoso vino viene prodotto mescolando le uve di diversi vitigni: sangiovese, canaiola, trebbiano e a volte malvasia e merlot. Quindi, penso abbiano ragionato i vecchi contadini, se a loro il vino riesce così buono con quattro diversi vitigni perchè non farlo ancora migliore con molte più varietà? Infatti sugli alberi di sostegno si arrampicano piante di colorino, di bottaio, di malvasia bianca e altre sconosciute... Però quassù le uve maturano in momenti diversi e soprattutto i bianchi non maturano affatto. Inoltre le piante sono state abbandonate da molti anni e gli alberi son cresciuti fuori misura. In teoria andrebbero capitozzati ogni anno perchè non ombreggino le viti e per quanto costituiscano un bellissimo dettaglio tradizionale del paesaggio di tutta la valle rimane il fatto che si tratta di un sistema di allevamento piuttosto irrazionale e laborioso da mantenere.
Seduti intorno al fuoco decidiamo che se vogliamo piantare una vigna è una buona idea scegliere un solo vitigno, uno che produca un buon vino e con un impianto che si possa curare bene. Pensiamo al Sangiovese, ma alla fine decidiamo per il Merlot: matura una settimana prima del Sangiovese ed è ottimo. Certo, bisognerà saperlo fare, il vino: ma tutto s'impara.
Duecento barbatelle da piantare e tutto il campo da ripulire e scassare, cioè praticare dei solchi quanto più profondi possibile con una coltra, o aratro, enorme tirata da un trattore cingolato. E' il contadino Mario detto il Balena che viene a fare il lavoro. Lento lento va su e giù ripassando ogni solco tre o quattro volte con me seduto in bilico sull'aratro per fare peso: le viti hanno bisogno di una lavorazione molto profonda perchè si tratta di piante molto longeve che devono poter trovare l'umidità sotterranea senza dipendere da annaffiature e altri aiuti. Quando il solco è abbastanza profondo da impedirmi di vedere intorno lo scasso è concluso e io sono a pezzi. Si cambia attrezzo, si mette l'erpice o quaranta denti e si riempiono i solchi. Al momento giusto pianteremo le barbatelle, pianteremo i pali e tireremo i fili d'acciaio e fra quattro o cinque anni berremo il nostro Merlot.
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