INDIAN TRAIL 27: Per averti tanto amata.

Indian Trail 27:   Per averti tanto amata

Nuzzi è pieno di buona volontà ed un aiuto prezioso, oltre ad essere un amico del cuore. E poi cucina piuttosto bene, soprattutto una specialità detta nitukè che consiste di verdure tagliate sottilissime e saltate in padella a fuoco alto per breve tempo: rimangono croccanti e squisite. Siccome però anche ai grandi cuochi non tutte le ciambelle riescono col buco, mentre Dario ed io siamo sul tetto intenti a ripristinare il camino esterno sentiamo un paio di scoppi provenire dal basso, seguiti da altri due o tre tonfi davvero forti.
"Cazzo succede?" grido dalla canna fumaria.
"Niente, niente, non preoccuparti" fa Nuzzi dal piano di sotto.
Scendo lesto lungo la scala e trovo l'amico vicino alle braci semispente del camino che sta pulendo rimasugli alimentari dalle colonnine che reggono la cappa.
"Ma cos'è successo? Si son sentiti degli scoppi..."
"Sì, sì, sono scoppiate le uova che avevo messo nella cenere... Mi sa che era ancora troppo calda, pazienza. Farò una pasta, va'".
Dopo cena Nuzzi si ritira nella sua stanza a riposare dopo parecchie ore di dura manovalanza.
Rimasto solo soletto colgo l'occasione per sedermi accanto al fuoco sulla lunga panca che correda il grande camino, e tiro fuori la chitarra per farmi un po' di musica. Ho sempre preferito suonare da solo senza un'audience, tranne quando mi è capitato di fare dei concerti, ma quella è una faccenda un po' diversa: in quel caso sono preparato, raccolgo le forze e controllo il sacro terrore del palcoscenico e quando sono pronto ad affrontare la platea esco sulla scena, mi siedo e invoco la Musa, consapevole che con i primi accordi devo avvolgere il pubblico con il magico mantello dell'armonia.
Qui mi basta dialogare con il fuoco che è un allegro compagno oltre ad essere indispensabile per innumerevoli motivi, non ultimo il fatto che è l'unica fonte di riscaldamento che possiedo. A volte faccio tre accordi e quasi mi assopisco sulla panca di legno dopo aver osservato per un po' la fiamma danzante e dopo aver seguito qualche traccia di pensiero suggeritami dalla vivacità del chiarore e dalle piccole esplosioni di luce. Penso che sto davanti ad un maestro che insegna la distanza proporzionale, penso alla fantastica energia che emana, mi pare persino di capire come mai gli antichi ne riconoscessero la divinità: ha potere di vita e di morte su di me perchè senza fuoco non posso sopravvivere e con troppo fuoco brucerei... Il fuoco va trattato con gentilezza, bisogna accostarvi la legna con misura e solo ogni tanto intervenire per ravvivarlo un pochino: allora è un grande amico ed alleato, e possiamo danzare insieme.
La grande cappa del camino annerita da un paio di secoli di fumigagioni e innumerevoli effluvi nascenti da pentole di fagioli e castagne abbrustolite mi accoglie e mi avvolge, mi riscalda e mi ipnotizza. E' davvero il cuore della casa e mi accarezza lieve, naturalmente se sono abbastanza accorto da non avvicinarmi troppo.
E' un momento in cui affiora un soffio di ispirazione, sarà la fiamma, o quel dolce stato intermediale fra stanchezza e riflessione, o quel po' di vinello ammorbidito dall'alito di fumo che sale dall'erica scoppiettante, fatto sta che suono qualche accordo e la chitarra mi suggerisce una linea melodica, semplice come tutte quelle che nascono dalle mie armonie mentre un ricordo emerge dalle braci e dalle piccole spirali azzurre.
Un verso prende vita nella giusta metrica e riflette lo stato d'animo dell'attimo rievocato da un ricordo.
Quando sono partito per indossare la divisa militare mi sono lasciato alle spalle un grande amore, uno di quelli che ogni tanto ritornano alla memoria, perchè a quanto pare le relazioni che fanno soffrire di più sono quelle che più difficilmente si fanno dimenticare. Era una ragazza molto carina e molto amata che veniva ad abbracciarmi la mattina presto prima di assolvere ad altri doveri studenteschi: ci eravamo incontrati sul palcoscenico del teatro Auditorium di Trieste quando eravamo in scena con Happiness per poi innamorarci sul molo Audace, fra lo sciabordìo delle onde invernali e le luci soffuse di Piazza Unità. Un giorno però sono partito per lidi lontani, e quando infine le cose sono sfumate all'orizzonte e non è più stato possibile mantenere il ritmo dell'amore, il cuore mi si è spezzato senza rimedio.
Quando si ama, è per sempre:
Eppure ben sappiamo che non sarà per sempre.
Per averti tanto amata
ed averti poi lasciata al tuo destino
nella nostra stanza gialla e silenziosa
dopo aver bevuto tanto del tuo vino.
E per quel che mi hai mostrato
senza chiedere nient'altro che presenza
e le diecimila cose condivise
e per un'iconografica partenza.
Che le stelle del mattino
si spengano tranquille al tuo risveglio
e che brillino ridenti sul cammino
e ti aiutino ad andare sempre meglio.
E per le tue dolci labbra
ho lasciato scritta solo una canzone
che somiglia a un ponte teso nella nebbia
e che porta in fondo al titolo il tuo nome.

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