INDIAN TRAIL 20: OLIVE 2
INDIAN TRAIL 20: Olive 2
Lunedì partiamo in nove suddivisi in due macchine. Anna prosegue verso il paese per andare a scuola e otto di noi si presentano al capanno sperduto in mezzo all'oliveto. Formiamo due squadre ciascuna dotata di un grande telo da stendere tutto attorno all'olivo: si tratta di un ampio paracadute di stoffa leggera appesantito con dei sassi perchè non si sollevi col vento. Scale, rastrellini, guanti, cerotti per proteggere le dita. Due si arrampicano e due lavorano da terra. Mario e la moglie Serena sono velocissimi, le olive gli si accumulano a fiotti sul telo fra i piedi mentre chiacchierano e scambiano battute con noialtri che lavoriamo sugli olivi vicini, molto più lenti. Finita una pianta riuniamo le olive sollevando con cautela il telo e le versiamo in un sacco di iuta. Prossimo olivo. Fa un freddo cane, le dita si intirizziscono e le foglie ogni tanto mi schiaffeggiano. Le piante sono grandi e antiche e considerando che siamo in Toscana producono parecchio: spesso si raccolgono quaranta e più chili di olive da un albero. Quattro di noi riescono a cogliere circa sei olivi in un giorno, una miseria. Mario e Serena, in due, ne colgono altrettanti.
A pranzo nella capanna si sta bene, c'è un focherello e delle salsicce sfrigolano allegre e il vino ci mette allegria. Si riparte. A sera le balle di iuta piene d'olive vanno portate nel capanno: pesano circa cento chili, e quando me ne sistemano una sulla groppa mi pare che le ginocchia mi cedano. Un peso insopportabile, e ci sono due gradini scavati nella terra da superare per raggiungere il capanno. Non so come eppure con le gambe tremolanti ci arrivo. Novantacinque chili. Mai più.
L'indomani all'adunata siamo in sette. L'indomani ancora siamo in sei. Mario comincia a preoccuparsi. In cinque, in quattro. Mario s'incazza un pochino: "Se lo sapevo almeno chiamavo qualcuno... Adesso è troppo tardi, son tutti impegnati, mannaggia". Alla fine della settimana sono rimasto da solo, e ci sono ancora circa mille olivi da raccogliere. I miei dubbi sul funzionamento della comune crescono e la situazione non mi piace per niente. Mario ha perso ogni speranza e io, rimasto da solo, affronto ogni olivo come una sfida: stendo il telo correndo a contrastare il vento che me lo solleva, piazzo la scala, mi arrampico e raccolgo. Canterello per farmi compagnia mentre Mario e Serena avanzano di albero in albero distanziandomi finchè non li sento più e rimango proprio solo soletto, naufrago in cima ad un olivo in mezzo a migliaia di piante tutte uguali. Raccolgo due piante al giorno cioè un'ottantina di chili di drupe: non è molto, ma devo stendere il telo da solo, saliscendere dalla scala che spesso è appoggiata ad un'unico ciuffo di foglie, riunire e trasferire le olive e aspettare che Mario mi carichi il sacco sulle spalle, visto che senza aiuto è impossibile.
Dopo tre giorni Mario ha visto che io mi dò da fare più che posso e che sono puntuale. Ha capito che se lavoro con qualcun altro posso cogliere un quintale di olive al giorno, perciò mi dice: "Senti Scudo, facciamo così: lavoriamo insieme e ti diamo i tuoi cinque chili al giorno, tanto s'è visto come lavori. Va bene?" Non mi par vero: sarò in compagnia e guadagnerò di più. "Certo Mario, grazie." La raccolta dura una quarantina di giorni e di sera quando ritorno al Borgo e alla mia branda nella mansarda sono veramente esausto, e non ho nessuna voglia di starmene a bere e chiacchierare. Sono piuttosto deluso dai colleghi che mi hanno mollato senza dirmi nulla e senza nemmeno scusarsi con Mario. Ho guadagnato un bel po' di quattrini perchè parte della paga me l'hanno data in contanti, e soprattutto si è sparsa la voce nelle case vicine che di me ci si può fidare e che se dico una cosa poi la faccio. E questo da queste parti è un vero capitale.
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