INDIAN TRAIL 19: Olive

INDIAN TRAIL 19:  Olive.

Sono convinto che nella vita non ci sia tempo per rammarichi, recriminazioni e rimpianti: tuttavia dopo qualche tempo trascorso nella comune del Borgo un rammarico ce l’ho anch’io. Mi disturba dover constatare che nonostante gli sforzi fatti da parte della mia generazione nel tentativo di creare un'alternativa alla famiglia nucleare quasi tutti gli esperimenti di cui sono a conoscenza o dei quali sono stato testimone si sono disintegrati. Si sono infranti sulle irte scogliere della leadership o si sono arenati sulle spiagge dello spinoso ed irrisolto labirinto dell’amore libero e spontaneo, della mancanza di disciplina e di molti altri ostacoli fra cui non ultimo quello economico. Mi pare che manchi una teoria esplicita ed accettata che si esprima in un corpo di norme da rispettare e che a sua volta rispetti i valori e i talenti di ciascuno. Immagino che stiamo vivendo un'utopia, una sorta di arcadia destinata a sfumare in assenza di una prospettiva chiaramente condivisa.
Non si sa bene chi debba fare cosa, quando e come. Siamo creativi, ma anche approssimativi. Cantiamo una bella canzone, sia pure con qualche stonatura, ma non potrà durare a lungo. Forse ci sono troppi solisti, in questo coro.
E' arrivato l'autunno, si accendono i primi fuocherelli nel camino e ci si accorge di quante cose si sarebbero dovute fare a si sono invece trascurate. La legna accatastata è poca, bisogna correre a tagliarne dell'altra che sarà inevitabilmente verde e produrrà un fumo insopportabile; il fieno per le pecore è scarso e meno male che il pagliaio l'abbiamo fatto abbastanza bene, conico e ben pressato. Il tetto del forno del pane fa ancora acqua quando piove e occorre sistemarlo, e così via.
Si avvicina il momento della raccolta delle olive e visto che sul podere di olivi ce ne sono pochissimi bisognerà andare a raccoglierle da qualcuno cui serva aiuto.
Uno dei pochi agricoltori della valle con cui abbiamo dei rapporti amichevoli si chiama Mario e ogni tanto ci invita a veglia, cioè a passare qualche ora a fine giornata accanto al fuoco sempre acceso nella sua cucinona. Con quasi tutti gli altri abitanti della zona le relazioni sono praticamente inesistenti perchè diffidano di questo gruppo di gente strana dai lunghi capelli che è andata a vivere su colline remote in un villaggetto diruto e semiabbandonato. Mario però è un tipo particolare, è un lavoratore indefesso ed è curioso e coraggioso e gli interessano le storie che abbiamo da raccontare, così diverse dalla sua vita quotidiana, e ha capito che anche se siamo un po' strani non siamo però cattivi.
Mario è custode di un oliveto di milleduecento piante che si estendono argentate sul dolce declivio di una collina che ne ospita altre innumerevoli migliaia.

"O Mario" dice Hector che è un po' il portavoce del gruppetto. "Se ti serve una mano ci veniamo noi a cogliere le olive quest'anno". "Davvero?" fa Mario. "Siete sicuri? Perchè non ho chiamato ancora nessun altro e se venite voi si è già abbastanza". "Sicuro che veniamo. Si fa come sempre, no?" Vuol dire che per ogni quintale di olive raccolte ci toccheranno cinque chili d'olio. Un quintale di olive premute a freddo in genere rende dai quindici ai venti chili, a seconda delle annate. "Bene! Si comincia lunedì, ci vediamo alle otto al capanno, tanto sapete dov'è, a Santo Stefano". 

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