INDIAN TRAIL 18: Api

INDIAN TRAIL 18:  Api.

Mattina presto, Benedetto indossa un paio di calzoncini corti e null'altro. Io sono bardato da capo a piedi con tuta sovrabbondante ben rincalzata negli stivali di gomma, guanti fino al gomito e cappello con reticella sigillata tutt'attorno. Caldo e sudore, occhiali appannati. Si va a smielare.
Il maestro scoperchia la prima di una decina di arnie intorno alle quali c'è già un notevole via vai di api. "Muoviti piano, stai tranquillo, non ti fanno niente. Anche se per caso ti pizzicano passa subito, e poi fa bene all'artrite." Estrae uno dei dieci telaini della parte superiore, brulicante di api, e gli dà uno scossone che le fa cadere quasi tutte perterra, da dove si alzano subito in volo tutto intorno. Benedetto non batte ciglio: a mani nude ne scaccia qualcuna rimasta sul telaino e lo mette in una cassetta. "Bello questo! E' bello pieno, vedi? Prendilo un po' in mano, senti come pesa". E' vero, è molto più pesante di quanto mi aspettassi. "Sarà almeno un chilo e mezzo di miele: stanno lavorando bene!" Un sottile strato di cera sigilla le cellette esagonali piene di miele. La cera verrà rimossa una volta a casa nell'apposita stanzetta e il telaino, con tutti gli altri raccolti, si metterà nella centrifuga per estrarre il miele.
Tolti tutti i telaini Benedetto rimuove una griglia, quella che impedisce alla regina di salire al piano superiore dove deporrebbe uova indesiderate. "Adesso vediamo un po' come sta la regina". Estrae uno a uno i telaini del piano di sotto e scova la regina, per me quasi indistinguibile fra miriadi di operaie, e dice "Sta benone, meno male." Cerco di individuarla e in effetti è un po' più grande delle altre, ma da solo non l'avrei mai trovata. Rimette la griglia, sistema dieci nuovi telaini nel piano di sopra e richiude l'arnia. E' coperto di api sul petto, sulle braccia, ma non ci fa caso. Si continua per tutte la fila di arnie, qualcuna più ricca e qualcuna meno, e si torna a casa con un bottino di una cinquantina di chili di miele. Mi è passata la paura ma io seminudo non ci andrei mai e poi mai.
Mentre stiamo smielando con la centrifuga a manovella e il miele scende nel tino d'acciaio in un rivolo dorato Benedetto mi racconta qualche segreto dell'arte. L'ape regina è un essere delicato e quando è vecchia o muore occorre sostituirla, e la faccenda si complica parecchio. A volte si riesce a far produrre una nuova regina alla famiglia stessa, se è molto forte; ma spesso bisogna farla venire da una delle rare ditte specializzate in produzione di regine. La regina arriva in una scatoletta, accompagnata da tre o quattro ancelle. Una parete della scatoletta è fatta di zucchero perchè se si introducesse nell'alveare all'improvviso la nuova arrivata la famiglia la ucciderebbe subito in quanto sconosciuta estranea: la parete di zucchero, venendo mangiata lentamente dalle api, dà tempo agli ormoni della nuova arrivata di diffondersi nell'ambiente abituando le api alla sua presenza, così che un bel giorno può uscire indenne dalla scatolina, guardarsi intorno e prendere il potere.

Oltre al miele ed ai pizzichi taumaturgici e guaritori dell'artrite ci sono alcuni prodotti collaterali come la cera, il propoli, la pappa reale e le palline di polline che devono la forma tondetta al fatto di essere trasportate dalle api in due taschine piazzate nel poplite delle gambe intermedie. Ma la raccolta di queste ultime specialità, a parte la cera, richiede una specializzazione che non pratichiamo. Ci accontentiamo dei pizzichi. 

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