INDIAN TRAIL 8

INDIAN TRAIL 8.

 

    Entro in quella che è la casa più grande del piccolo borgo, un'antica padronale in pietra serena di quattro piani, ancora in discrete condizioni.  Salgo una bella rampa di scale al seguito dell'ammirevole bionda e giro a destra sul pianerottolo, in una stanzetta per metà occupata da una grande tavola intorno alla quale sono già sedute tre o quattro persone. Dico "Salve!" e mi siedo su una panca.  Uno di loro, grande e grosso e con pochi capelli mi guarda e fa: "Toh, e questo? Da dove salta fuori?" Riempie un bicchiere di vino e me lo passa con aria amichevole.

"Già" -fa la bionda, che mi sta vicino- "Poi ci racconti. Intanto dài, dicci almeno come ti chiami, così, giusto per avere un'idea" 

"Sono Scudo, arrivo da Trieste... stavo cercando di rintracciarvi perchè vorrei raggiungere quelli della Pizzichina, non so più dove siano. A Padova mi hanno detto che forse voi li conoscete, Alberto, Eto..."

Hector, quello grande e grosso, mi fa un sorriso: "Certo che li conosciamo! Se ne sono andati da Todi da un bel po', adesso stanno verso Sorano in mezzo agli Etruschi. E' da quel dì che non li vediamo, ma credo che siano sempre lì...".             Be', magari domani mi faccio dare qualche indicazione. Non è che conosca molto bene quelli della Pizzichina, li ho visti una volta tre o quattro anni fa per qualche ora, e in fondo sto solo cercando un posto dove potermi fermare un po' e capire se la vita in campagna fa per me.

        

         Ormai è buio, dalla cucina lì accanto arriva un tipo ascetico, gira la manopola di una bombola di gas, avvicina un fiammifero ad una specie di reticella bianca sospesa sopra la tavola e protetta da un piatto di metallo e le dà fuoco. Un bagliore intenso che dura un attimo, poi un piacevole chiarore si diffonde su tutta la tavola e sui presenti. Luce a gas. Qui l'elettricità non è mai arrivata, l'illuminazione si fa con candele, lampade a petrolio e lampade a gas con il gas che arriva alle lampade scorrendo in tubicini di rame.

         Il portatore di cibo si chiama Benedetto, possiede una barba color ferro ed occhiali  spessi, è magro e veloce, vivace e sempre in movimento.  Fiorentino, parla con un tono lievemente aggressivo ma è gentile ed è un ottimo cuoco: infatti arriva in tavola con un pentolone di carbonara, mentre i piatti scompagnati vengono distribuiti ai vari commensali. Nei bicchieri viene profuso il vino, un Sangiovese della zona. E' chiaro che siamo tutti un po' brilli.

         La tavolona è di spesso castagno e ha un lato pieno di buchi: scoprirò che si tratta di una vecchia mangiatoia per vacche, e che i buchi servivano per legare gli animali all'occorrenza.

         "Prima che cominciamo a mangiare, Scudo," mi fa la bionda che si chiama Anna, "Quello lì che sembra il re Sole è Gilberto, fratello di Benedetto." Gilberto ha una splendida capigliatura rosso dorata, lunghissimi capelli e una barba fluente che incorniciano un viso dolcissimo e sorridente. Muove le braccia un po' a fatica, scoprirò poi che è paralizzato dalla vita in giù.

         "Furio lo conosci già."  E' il bronzo statuario, di poche parole e portatore di un altro fiasco di vino.  "Quello è Lupo, un tipo un po' losco..." attenua l'osservazione con un sorriso, ma ho l'impressione che mi stia dando una dritta.

"E poi ci sono Elena e Amata, una è figlia mia e l'altra è di Furio."  Le bimbe hanno, a occhio, otto e cinque anni, sono carine e cenciosette, ma non troppo.

         Si discute di alta economia.

"Sentite" dice Benedetto, " Domani vo a Firenze, l'Anna la mi porta in stazione. Chi mi da una mano con i formaggi?"

"Bah, ti aiuto io" dice Furio "tanto, quanti sono?"

"Son solo tre, perchè quell'altri ce li siamo magnati..."

"Allora si fa presto. Basta incartarli, no?"

"Sì, ma va fatto un lavoro ammodino, mi raccomando"

"E il miele?"  chiede Gilberto.

"Quello è bell'e pronto, dodici vasetti."

Queste esportazioni verso Firenze sono una delle fonti di reddito della comune. Un'altra fonte è lo stipendio di Anna che è una professoressa di lettere giù in paese, dove deve andare ogni giorno ripercorrendo la strada, la stessa da cui sono arrivato io, alla guida di una vetusta jeep Willis di cui deve cambiare le marce a colpi di mazzuolo. Infine esiste un'attività artigianale, cioè si rilegano rubriche ed eleganti quaderni e si avvolgono  matite con delle belle carte Varese, molto decorative: il tutto viene venduto in alcuni raffinati negozi di souvenir fiorentini.  Quanto al resto della produzione agricola, come gli agnelli, i prosciutti e le salsicce e gran parte dei formaggi, non arriva lontano perchè viene consumato sul posto, proprio come questo bel salamone toscano bello pasciuto che fa da seconda portata, insieme ad una deliziosa insalatina di misticanza.

 

         Abito insieme a Benedetto nella mansarda sottotetto della casa, la più grande in questo borghetto di una decina di case molte delle quali sono dirute e disabitate. Alla mansarda si arriva inerpicandosi su per una stretta scala di legno, il tetto è a padiglione in lastre di pietra sorrette da grosse travi di castagno che spiovono verso gli angoli. Ho un letto ed un materasso proprio vicino alla botola d'accesso e un posticino per il sacco da viaggio e la chitarra: mi sento come un topo nel formaggio.

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