INDIAN TRAIL 11: Non tutto il male...
INDIAN TRAIL 11: Non tutto il male...
La parola d'ordine qui alla comune sembra essere "libertà" ma come accade con quasi tutte le parole astratte, all'atto della concretizzazione ognuno le interpreta come vuole. Le parole sono simboli ed i simboli sono incroci dove chiunque può scegliere di andare nella direzione che preferisce. Le parole concrete consentono uno spazio di interpretazione lineare, come dire che i significati possibili esistono sullo stesso piano, in una dimensione nota: se dico "cane" si può pensare a un bassotto o a un levriero ecc. ma si pensa sempre a quattro gambe e una coda. Le parole astratte invece sono incroci che permettono di andare dovunque, sopra, sotto e lungo il tempo. Potrebbero avere dodici code e sette gambe, potrebbero volare... Per questo è difficile stabilire il significato di parole come "libertà", o "felicità" e così via.
Non ci sono regole ben stabilite e questo a volte genera disagi e incomprensioni e lascia spazio a dinamiche nebulose, poco esplicite ed a volte assai fastidiose. Per esempio, un bel giorno Furio decide che lui con le pecore non ci va più. Certo, lui è libero di fare quel che gli pare: ma la conseguenza è che il suo turno da pastore dovrà essere coperto da qualcun altro. Fossimo in tanti si potrebbe organizzare senza troppa fatica, ma siamo rimasti Hector, Benedetto ed io...
Un altro giorno Lupo ed io siamo incaricati di andare in un campo un po' più a valle a falciare l'avena marzola per fare il fieno per le pecore. Falci fienaie in spalla e fiasco di vino nella borsa cominciamo a scendere verso il campo, io davanti e Lupo dietro. Ad un certo punto mi giro e Lupo è scomparso. "Mi raggiungerà" penso ingenuamente. Mai più visto. Meno male che il fiasco viaggia con me.
Falcio per un paio d'ore un'avena marzola che è talmente scorsa da non essere appetibile nemmeno per un elefante. Gli steli sono grossi come un mignolo e sembra più adatta a farci il seme che il fieno. Tipico timing da comune. Ho vesciche su tutte due le mani a forza di colpire i gambi duri e resistenti ormai diventati paglia. Non me ne intendo per niente: mi hanno detto "Vai e falcia" e io sono andato. Mi sa che Lupo deve aver subodorato qualcosa.
Stanco e sudato e coperto da un lieve strato di sottile pulviscolo mi adagio all'ombra di una quercia enorme, e bevo un po' di vinello.
D'un tratto sento un fruscìo, c'è qualcuno o qualcosa che si avvicina. E' Anna con un involto in mano che mi sorride e fa: "Ti ho portato qualcosa da mangiare. Da bere so che ce l'hai già. Mi sembri bello sudato..." "O Anna, mille grazie. Gentilissima." " Figurati! Chi lavora bisogna tenerlo da conto. Va bene se mi siedo un po' anch'io?" "Certo!"
Anna è molto bella, ha una gonna leggera violetta ed un camiciola giallina con alcuni bottoni aperti in alto. Le belle curve del seno sono appena coperte... Non posso resistere. Le accarezzo una coscia, la attiro verso di me, la bacio e la stringo finche tutto il suo corpo è insieme al mio, e... Be', mi avete capito. Direi che sono portato per la vita in campagna, e tutto sommato penso che rimanderò la ricerca dei profughi della Pizzichina.
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