INDIAN TRAIL 10: Training

 INDIAN TRAIL 10:  Training

Da maggio in poi le pecore pascolano su primaverili prati lussureggianti, molte hanno partorito simpatici agnelli saltellanti e dunque vanno munte mattina e sera. In realtà dipende dal tipo di pecora, ma le nostre sono sarde, pecore da latte: fossero toscanelle avremmo più agnelli e meno latte ma sarde sono e mungerle devo.
L’operazione è più agevole a dirsi che a farsi: mi metto a cavalcioni sopra la pecorella girata dalla parte del sedere, stringendola appena con le ginocchia perché non se ne vada. Le scosto la coda e accarezzo e massaggio le mammelle per indurre il latte a scendere verso i capezzoli. Il secchio è in posizione. Le altre pecore osservano preoccupate, devono aver capito che non sono proprio del mestiere. Mungo cercando di far andare lo spruzzo di latte nel secchio e devo mirare bene perchè c'è poca luce visto che per ovvi motivi non bisogna mettere la lampada a petrolio troppo vicino al fieno ed alla paglia di cui la stalla è piena. La lampada sta appesa al muro, fuori pericolo, a fa una luce romanticamente fioca. Occorre anche fare grande attenzione al linguaggio corporeo della coda: quando la coda si agita vuole dire che la pecora sta per fare i suoi bisogni nel secchio, che dunque va velocemente spostato senza mollare l’animale. Faccio finta di niente e riprendo a mungere. Finito, libero la pecora che deve andare in un’altra sezione della stalla, se no non la si riconosce più (sono tutte quasi uguali, e la lampada a petrolio fa una luce assai misera). Alcune sono macchiate di colore rosso sulla groppa: sono quelle che stanno allattando l’agnello, e vanno lasciate in pace. Afferro un’altra pecora e così via.
.Ogni tanto, nel caldo e nel fetore, avvengono piccole ribellioni perchè a differenza delle capre che vengono spontaneamente a farsi mungere ed addirittura si girano per offrirtene l’opportunità, le pecore cercano di evitare l’inevitabile e di sfuggire nascondendosi mimeticamente fra le altre: comportamento irragionevole perchè devono per forza esser munte se si vogliono evitare mastiti ed altri dolorosi acciacchi. Ce n’è una, detta Aeroplano, che mentre sono impegnato a mungere una sua consorella –piazzato in posizione strategica così da mantenerle divise- prende la rincorsa e mi vola letteralmente sopra la spalla atterrando nella zona retrostante da dove devo ripescarla. Per fortuna è l'unica a saper volare. Le pecore producono circa dieci litri di latte la mattina ed altrettanti la sera. Poi si fa il formaggio.
C'è un particolare che non va dimenticato: il montone. Si tratta di un animale particolarmente ottuso e decisamente prepotente. Ha due corna ritorte che rinforzano un cranio di granito all'interno del quale alberga un cervello minuscolo. Il suo altro nome è ariete e la sua testa opportunamente trattata veniva usata per abbattere i portali dei castelli, tanto per dar l'idea della sua robustezza. Nella mia esperienza il montone va ignorato ma tenuto d'occhio. Ha in sè una venatura ostile e se si accorge che non stai all'erta a volte ti attacca da dietro, penso per farti capire chi è che comanda. La sua utilità è ovvia: è il padre di tutti gli agnelli del gregge, e senza di lui non ci sarebbe nè agnello, nè latte, nè
formaggio. Come dicevo è un po' tonto ed è preda del suo istinto riproduttivo, perciò cerca di coprire le pecore anche quando non deve, cioè per esempio quando sono vicine al parto: ecco allora che gli viene appioppata una specie di mutanda, una stoffa che legata sulla groppa gli pende dalla pancia e quando lui ci prova gli impedisce di penetrare. Così abbiamo pure il montone frustrato.
Una sera siamo tutti a cena tranne Hector che sta mungendo giù di sotto. Si beve, si ride, tutti allegri. Improvvisamente sentiamo una vocina provenire dal piano di sotto: "Aiuto! Aiutooo!!" silenzio. "Aiutooo!" Furio e io schizziamo verso la stalla. In un angolo, seduto con le spalle al muro e massaggiandosi la testa quasi calva sta Hector: mugola "Finalmente!". All'angolo opposto c'è il montone, testa bassa e raspìo delle gambe anteriori, pronto ad attaccare ancora. Lo rinchiudiamo in uno stallettino a parte insieme agli agnelli e ci dedichiamo a Hector che appare un po' intontito e sta ancora seduto nella paglia a soffregarsi il cranio. "Che cazzo è successo?" fa Furio. Io tiro su il secchio del latte che si è rovesciato e cerco di tranquillizzare le pecore che se ne stanno tutte strette in un altro angolo. La lampada a petrolio illumina malamente la scena, e noi non sappiamo se ridere o preoccuparci, ma Hector si rialza e fa: "Quel maledetto bastardo di un caprone (è un montone, ma non fa niente), stavo mungendo e avevo il secchio mezzo pieno, gli venisse un colpo, improvvisamente mi si avventa e mi da una capocciata proprio qui (mostra il punto d'impatto che è tutto rosso): mi ha sbattuto due metri più in là, vi rendete conto? Io l'ammazzo! Poi, siccome non gli bastava, era pronto a ricominciare. Ma, dico, è pazzo?" "Mi sa che è geloso. Gli stavi mungendo le sue pecorelle sotto il naso..." osserva Furio. "Ma, cazzo, lo facciamo tutte le sere tutti quanti! Proprio con me se la doveva prendere? Io gli tiro il collo."
Furio e Hector tornano di sopra per rinfrancarsi mentre io finisco di mungere, spengo la lampada e dopo poco risalgo.



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